di Fabio Pagani
Qualche sera fa mi è capitato di
assistere allo spettacolo teatrale La Ligaza di Trentasì, liberamente
ispirato alle vicende di briganti che, a cavallo dell’800, hanno tormentato la
Romagna. Malfattori, delinquenti che, per qualche bizzarro motivo, sono diventati
il simbolo di una terra ribollente di ideali anarchici e ribelli (vedi Stefano
Pelloni, detto Il Passator Cortese).
La Ligaza di Trentasì,
magistralmente diretta dalla regista Giulia Torelli, mi ha fatto venire in
mente un bel libro che ho letto alcune settimane fa e che ho avuto il piacere
di presentare insieme al suo autore: si tratta de Il gradino di terra,
scritto da Agide Vandini, e contenuto nella trilogia Romagna Ardente.
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Copertina de "Il gradino di terra" |
Vandini vive a Filo di Alfonsine
e da molti anni si dedica alle vicende del territorio e del mondo popolare; è
curatore del blog L’irôla de’ Filés, nel quale pubblica racconti, ricerche e
approfondimenti sulla Romagna e non solo. È nipote di Agida Cavalli, a cui deve
il proprio nome, eroina della Resistenza di Filo trucidata dai fascisti 80 anni
fa.
Il gradino di terra contiene le
avventure di Sante e Michele, due fratellastri figli di scariolanti e
contadini, che affrontano in maniera opposta un mondo dominato da ingiustizie e
disparità sociali: il primo, abbraccia la vita agreste, mentre il secondo si
dedica al brigantaggio e, fra realtà e fantasia, può identificarsi con il
“Falcone”, uno dei banditi più celebri del tempo. La storia è incardinata in
una cornica storica, che prende corpo dalla descrizione della situazione del Po
di Primaro a fine ‘700, la cui rottura a seguito dell’alluvione del 1756 maturò
la realizzazione di imponenti drizzagni, documentati nel libro da mappe e
riferimenti grafici che arricchiscono la narrazione. Nel romanzo, grande
rilievo viene dato al sacco di Lugo del 1796: “Oltre all’epopea degli
scariolanti vissuta dai protagonisti, l’evento più importante negli anni a
cavallo del secolo (1780-1821) è senza dubbio la calata dei francesi in Romagna
con le tragiche conseguenze che travolgono la città di Lugo”, sottolinea
Vandini. Le truppe napoleoniche, infatti, fra il 23 giugno e il 6 luglio del
1796, nonostante la fiera opposizione della popolazione lughese riuscirono ad
avere la meglio, saccheggiando e depredando tutto, compreso il busto di
Sant’Illaro, che venne portato via.
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L'autore, Agide Vandini |
Fra rigore storico e invenzione narrativa,
Vandini ha dato vita ad un’opera accattivante e densa di avvenimenti e colpi di
scena: “Reale e documentato – specifica l’autore – è il riassetto delle acque
romagnole descritto nel prologo, così come il già citato sacco di Lugo, di cui
ho cercato di riportare un sunto fedele; quanto ai personaggi, ho preferito in
alcuni casi distorcerne il cognome, date le non sempre edificanti attribuzioni
romanzesche”.
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