lunedì 24 agosto 2015

Si può amare ancora pur sentendosi traditi? Rispondono per noi Catullo, Mina, Totò e gli U2!


Chi ha studiato il latino si è certamente imbattuto in Catullo, il poeta dell’amore mancato.

 






Egli apparteneva al gruppo dei Poetae Novi che, seguendo l’antica tradizione greca, si dedicavano alla stesura di poesie “liriche”, affidando ai versi l’espressione dei sentimenti più intimi e delicati. Allora, però, questi poeti erano alquanto snobbati; la poesia, quella vera, era considerata l’epica. Il “povero” Catullo soffriva tanto, troppo per la “sua” Lesbia, donna dai dubbi costumi morali e traditrice incallita. Oggi, in modo molto popolare, diremmo che il nostro poeta “si faceva dei viaggi”, fantasticava su un sentimento vero, profondo ed autentico da vivere con colei che più di tutte amava. Ma Lesbia non era una donna come le altre: aveva dieci anni di più di Catullo, era la sorella di un tribuno della plebe romana, ma rappresentava, al di là della sua identità storica, l’oggetto di un amore instabile, che oscillava fra momenti di estasi (“Dammi mille baci, poi cento, poi altri mille e quindi cento…”) e giornate di puro disincanto (“Le parole che una donna dice all’amante pieno d’amore andrebbero scritte nel vento e nell’acqua corrente”).
Questo stato d’animo è ben rappresentato da uno dei frammenti più celebri del poeta veronese: Odi et amo (c. 85).
Odi et amo. Quare Id faciam,fortasse requiris.
Nescio,sed fieri sentio et excrucior
.
[Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia.
Non lo so, ma sento che ciò accade, e mi tormento.]

Sulla scia di Catullo molti hanno ripreso quest’ossimoro (odiare ed amare allo stesso tempo).
 


 




Totò (al secolo Antonio De Curtis)
nel testo di una delle più famose canzoni italiane, Malafemmena, scrisse:






Femmena,
tu si’ a cchiù bella femmina …
Te voglio bene e t’odio,
nun te pozzo scurdà
.
senza riuscire a scordare colei che era per lui fonte di dolore. 










Ma, in tempi più recenti, anche Mina (Anna Maria Mazzini)
riprendeva l’ossimoro catulliano, nella canzone Grande, grande, grande, scritta da Alberto Testa e messa in musica da Tony Renis.  


Ti odio, poi ti amo,
poi ti amo, poi ti odio,
poi ti amo…
Non lasciarmi mai più:
sei grande, grande, grande,
come te sei grande solamente tu
.


Andiamo oltre la Manica e stiamo attenti a questi versi degli U2.

With or without you  
Through the storm we reach the shore 
You give it all but I want more
And I'm waiting for you
[Chorus]
With or without you
I can't live
With or without you 
And you give yourself away
And you give
And you give yourself away


















Ogni volta che si viene abbandonati ci si dispera e si giura che non si cadrà mai più nelle trappole di Cupido. Ma sappiamo bene che non è così. Anche Catullo ogni tanto ci cascava, senza rendersi conto che Lesbia si divertiva a calpestare la sua dignità, che lo faceva apparire lo zimbello di cui tutti si prendevano gioco. Insomma, sembra che la storia di Catullo e del suo infelice amore assomigli alla trama di qualche gossip strampalato che oggi leggiamo sulle riviste di qualche sala d’attesa, ma allora il marchio di “cornuto e felice” non era così facile da sopportare!

Ad maiora!

giovedì 13 agosto 2015

FERRAGOSTO ED IL CALENDARIO: COME TUTTO EBBE INIZIO


 
Il ferragosto, si sa, è visto da molti come il capodanno dell’estate, portatore di feste, gite fuori porta e scippi legalizzati in ristoranti e bagni al mare. Ci sembra interessante, invece, fare un tuffo nel passato, nella storia, per capire da quando il 15 agosto abbia valore di giorno festivo. Non potremo fare a meno, poi, di slalomeggiare tra i mesi che compongono il nostro calendario e di salutarvi con un paio di chicche cinematografiche a tema.
Tutti sappiamo chi fosse Romolo, secondo la leggenda il fondatore di Roma; parrebbe sua l’invenzione del calendario, nome che deriva dalle Calendae, ovvero i primi giorni del mese. Agosto non si è sempre chiamato così: in origine era Sextilis, il sesto. Ma il sesto di cosa? Forse i Romani intendono dirci che si tratta di quello che oggi noi chiamiamo Giugno? Qui c’è la sorpresa: Roma aveva istituito un calendario di dieci mesi, che partiva da Marzo ed arrivava a Dicembre. Il Sextilis, quindi, era la sesta tappa di questo tour reale, ma anche simbolico in quanto ogni nome si collegava a precise divinità, festività e superstizioni. E’ Gaio Ottavio, che dal 43 a.C. si chiamerà Ottaviano e dal 27 a.C. Ottaviano Augusto, primo Imperatore di Roma, a stabilire che il sesto mese sarebbe diventato Augustus. Il 15, ovvero le Idi (circa metà mese, appunto) sarebbero state dette Feriae Augusti, vale a dire il giorno di riposo del Princeps che includeva anche moltissime celebrazioni religiose. Prima dell’avvento del figlio adottivo di Cesare, invece, il nostro ferragosto era il momento in  cui si celebravano i Vinalia Rustica, i raccolti e la conclusione dei principali lavori agricoli. Con l’avvento del Cristianesimo e della Chiesa cattolica la festa laica viene fatta coincidere con l’Assunzione della Beata Vergine Maria (a partire dal XVI secolo), mentre pare che l’abitudine italiana delle gite fuori porta, di cui si diceva all’inizio, sia nata durante il Ventennio grazie all’istituzione di treni ferragostani, a prezzo ridotto, per incentivare viaggi e, di conseguenza, consumi.
Ma torniamo al nostro calendario: i 10 mesi originari diventano 12 con Numa Pompilio, il secondo Re di Roma, mentre è Giulio Cesare ad istituire l’anno di 365 giorni e 6 ore. I 360 minuti in eccedenza costituivano ogni quattro anni un giorno in più, che veniva aggiunto non al 28 febbraio, come ora, ma al 24, il Dies Sextus prima delle calende di marzo. Di conseguenza il giorno successivo al 24 febbraio, aggiunto ogni quattro anni, prese il nome di Dies Bis Sextus, da cui derivò, e resta oggi, il nostro Bisextilis (bisestile).
E’ papa Gregorio XIII, nel 1582, a consegnare al mondo il calendario come lo conosciamo noi oggi.
E gli altri mesi? Vediamo di svelare qualche curiostà in rapida sequenza.
Gennaio (da Ianus, Giano, ovvero il custode della città).
Febbraio (Februa-orum, cerimonie di purificazione).
Marzo (Mars, il dio Marte, signore assoluto della guerra).
Aprile (da Aprilis/Aperire, in riferimento all’apertura, allo sbocciare della primavera).
Maggio (Maius, da Maia, dea della fecondità).
Giugno (Iuno, Giunone, patrona del mondo femminile e custode del matrimonio).
Luglio (Iulius, in onore di Giulio Cesare; in origine era Quintilis, il quinto mese a partire da marzo).
Agosto (se siete stati attenti... lo sapete già!).
Settembre, Ottobre, Novembre e Dicembre (rispettivamente il settimo, l’ottavo, il nono ed il decimo mese a partire da marzo).
Vi salutiamo con un regalo, gradito (si spera) a chi resterà a casa, protetto dai propri Lari e Penati, ma anche a chi deciderà di partire...
Ad maiora! 

 Enzo alla caccia di un amico con cui andare in Polonia a ferragosto (Un sacco bello, 1980)

Ferragosto con Gassman (Il sorpasso, 1962)




giovedì 6 agosto 2015

CARLO V E L’IMPERO SU CUI NON TRAMONTAVA MAI IL SOLE



E’ già nel titolo la frase che meglio riassume la grandezza e, in un certo senso, l’utopia di Carlo d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero. Questo principe di origini austro-ispaniche – il padre, Filippo il “Bello”, era asburgico, mentre la madre, Giovanna la “Pazza”, era spagnola – tentò di ricondurre l’Europa sotto la bandiera del cattolicesimo universale, in un’epoca in cui le riforme protestanti, la luterana su tutte, stavano cambiando l’assetto politico e religioso del vecchio continente.
Carlo V, re ed imperatore, rimpinguò i suoi domini estendendo all’Italia tutta la propria influenza, mettendo addirittura sotto scacco il papa, Clemente VII, con il celeberrimo “sacco di Roma”, nel 1527; il Pontefice, infatti, prese parte alla lega di Cognac, un’alleanza in chiave anti-imperiale per contrastare Carlo V e le sue brame di conquista. Il gesto, però, costò caro al primo vescovo di Roma: i lanzichenecchi, soldati mercenari tedeschi, misero “ferro ignique”, a ferro e fuoco, la città eterna.
L’apogeo della storia di Carlo  vi fu il 27 febbraio del 1530, quando uno sfarzoso corteo accompagnò il Papa e l’Imperatore fino in San Petronio, a Bologna, dove Clemente VII incoronò Carlo V imperatore del Sacro Romano Impero. Da qui in avanti il sogno di un’Europa cattolica e cattolicizzata andò velocemente spegnendosi, nonostante il servilismo papale e la grande forza militare dell’esercito imperiale: i soldati asburgici, infatti, furono fra i primi in Europa ad utilizzare l’archibugio. Nel 1555 Carlo V fu costretto ad accettare la realtà dei fatti, stabilendo accordi con i principi protestanti tedeschi, sostenuti da interessi politici, oltre che religiosi; il motto “cuius regio, eius religio” stabilì che ogni territorio dovesse professare la fede del principe che lo governava. L’anno seguente Carlo abdicò.
Per evidenziare ancora di più la grandezza di Carlo V siamo andati a pescare la curiosa ed affascinante incisione di Hogenberg custodita all’interno del Palazzo Ducale di Urbania.
Questo pittore tedesco, celebre nel ‘500 per le sue stampe belliche, ha prodotto una acquaforte di 11,80 metri di lunghezza che raffigura lo straordinario spettacolo delle celebrazioni legate all’incoronazione imperiale di Carlo V. L’opera, realizzata nel 1530 (l’anno esatto della cerimonia di Bologna e tre anni dopo l’invasione lanzichenecca di Roma) sembra non solo sottolineare il trionfo della casata asburgica in Italia, ma anche e soprattutto la vittoria dell’Impero sul Papato. 





Straordinario, a nostro parere, è il dettaglio che inquadra, a misura dei migliori primi piani televisivi, l’incontro fra Clemente VII e l’Imperatore, attorniati da un corteo infinito di servitori, scudieri, ruffiani e semplici curiosi dell’epoca.



 
Carlo V ad Urbania è stata una bellissima sorpresa. Oltre alla Chiesa dei morti ed al Cimitero delle mummie… Ma questa è un’altra storia.

Ad maiora!