giovedì 30 luglio 2015

Ardite associazioni fra Giacomo e Lorenzo...



Cos’hanno in comune Giacomo Leopardi e Lorenzo Cherubini, alias Jovanotti? Nulla, in apparenza. Eppure…
Oggi vi voglio proporre un ardito parallelismo letterario-tersicoreo, poetico e musicale, tra il genio di Recanati e la snodata popstar nativa di Roma. Tutti noi abbiamo letto, se non altro nelle antologie scolastiche, il “Sabato del villaggio”, canto leopardiano composto nel settembre del 1829, in pieno pessimismo storico. Siccome i ricordi adolescenziali dei più si limitano, spesso e volentieri, a ragazze, ragazze e ancora ragazze (non c’è nulla da biasimare!), raramente a poesie o romanzi, rinfreschiamoci la memoria: in particolare, nella seconda parte dell’idillio (vv. 38-51) il poeta riflette sulla vanità dell'attesa della festa: il piacere, che ognuno di noi attende con ansia, non arriverà mai, ma lascerà spazio solamente a noia e tristezza (“diman tristezza e noia | recheran l’ore” vv. 40-41) . La riflessione si estende poi anche alla vita: la giovinezza è un periodo felice, perché si aspetta con gioia l'entrata nell'età adulta, come quando il sabato ci si prepara per il giorno di festa; tuttavia il passaggio di età non porterà gioia, ma si rivelerà doloroso e privo di piacere. Già, il piacere. Cosa rappresenta per Leopardi? Può esistere? E’ semplicemente l’attesa di un benessere futuro che, una volta afferrato, si rivelerà illusorio e privo di sostanza.
La tematica de “Il sabato del villaggio” viene sviluppata anche in alcune pagine dello “Zibaldone”, in cui viene affermato che:
il piacere umano si può dire ch'è sempre futuro, non è se non futuro, consiste solamente nel futuro. L’atto proprio del piacere non si dà. Io spero un piacere; e questa speranza in moltissimi casi si chiama piacere.
Jovanotti, a modo suo, recupera parte del pensiero leopardiano, cantando in “Sabato” quella che è la spasmodica attesa dei ragazzi verso il giorno più eccitante della settimana, a conclusione di lunghe e pesanti lezioni ed alle porte di un week end da vivere fino in fondo. “Quando non si lavora è sempre sabato, vorrei che ritornasse presto un altro lunedì”: perché il lunedì? Perché inizierà una nuova attesa, un conto alla rovescia verso un altro sabato.Certo, il sabato leopardiano è ancora attesa, mentre Jovanotti lo vive come traguardo della settimana; ma, al di là di tutto, il processo che porta ad assaporare i momenti e le ore che ci separano da un evento che tanto desideriamo è, con un  po' di fantasia, molto simile.

Jovanotti, Sabato                                                                                                                               Come nei sabati sera in provincia
Che sembra tutto finito poi ricomincia

Giacomo Leopardi,  Il sabato del villaggio
Questo di sette è il più gradito giorno,

pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l’ore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno.

Ai ragazzi piacciono queste analogie; oggi come oggi è dura far capire ed amare poeti e scrittori del XIX secolo a giovani sedicenni che crescono con ben altri riferimenti. Con un po’ di “labor limae”, però, si fanno miracoli! Intanto, se vi va di approfondire, gustatevi video e parole di “Sabato” e provate a trovare punti in comune con la poesia leopardiana che avete in casa o, tutt’al più… C’è sempre Google!

Ad maiora!

giovedì 23 luglio 2015

Curiosità dal mondo classico...

Cari amici,
da oggi, ogni giovedì, pubblicherò articoli, riflessioni e idee. Tema, ovviamente, libero!
Buon viaggio!



ANTICHI, MA… MODERNI
FILOSTRATO, “MISTER” DEL 200 d.C.

Polimestore, Glauco, Amesìna… Bei nomi, prima di tutto, ma anche eccellenti atleti.
Secondo gli antichi, che concepivano l’allenamento ginnico come aspetto fondamentale per un vivere sano, l’esercizio fisico doveva essere quotidiano e prevedeva una “tabella” così composta: sollevamento dei pesi, gare di velocità con cavalli e lepri, raddrizzamento di sbarre di ferro battuto, mentre nel corso di altre sedute questi atleti del tempo che fu si dilettavano a farsi trainare da potenti tori da giogo e a domare addirittura leoni prendendoli per il collo. A raccontare tali aneddoti è Filostrato di Lemno, un sofista vissuto nel terzo secolo dopo Cristo; questo personaggio ha scritto un libretto, “IL MANUALE DELL’ALLENATORE”, nel quale sono elencate tutte le notizie sopra menzionate che fanno di questo vademecum il primo testo conosciuto dedicato a chi volesse imparare l’arte di allenare. I giovani atleti potevano scegliere fra gli esercizi “leggeri” (lo “stadio”, la corsa veloce più vicina ai nostri 100 metri piani; il dolico, il nostro mezzofondo; l’oplìtica, una corsa paragonabile ai nostri 800 metri da effettuarsi con elmo, scudo, schinieri e a piedi nudi; il diaulo, qualcosa di simile ai nostri 400 metri) e quelli “pesanti”: lotta, pugilato e pancrazio, quest’ultimo progenitore del wrestling, con la sola differenza che se le davano davvero! Che il secondo nome di Filostrato fosse Arrigo? Nessuno potrà svelare l’arcano, anche se è certo che fra l’uomo di Fusignano e quello di Lemno qualche punto di contatto c’è. Secondo Filostrato, l’allenatore ideale deve innanzitutto capire di fisionomica: visti gli occhi capito l’uomo. E se gli occhi non bastano, bisogna sapere da che famiglia proviene il futuro atleta perché, se i genitori si sono sposati giovani, i figli saranno forti e immuni da malattie che colpiscono il sistema nervoso. Se invece i coniugi si sono uniti in età avanzata, i figli avranno pelle sottile e tessuti muscolari debolissimi. L’allenatore princeps dovrà poi essere bravo a riconoscere chi si presenta dopo una seduta di sesso: i reprobi saranno corti di respiro e appassiti di fronte allo sforzo. C’è un errore che il C.T. ideale di Filostrato non deve mai commettere: allenare un ragazzo come fosse un adulto; alcuni gli ordinano di appesantire il ventre, poi, durante l’allenamento, lo mandano a passeggio e lo fanno ruttare cavernosamente. Pratica dallo scopo incerto e forse dimenticata ai giorni nostri ma, certamente, non rimpianta. Indubbiamente i consigli e le tecniche che Filostrato illustra nel libro, sono abbastanza lontani dalla concezione moderna dell’allenamento, un’idea che si basa su studi scientifici (basti pensare al “Milan Lab”, cervellotica invenzione degli esperti ricercatori rossoneri per tenere sotto controllo le prestazioni dei calciatori) e rigorosi. Tuttavia, è bello poter dire che già nel 200 d.C. esistesse la convinzione che solo attraverso un esercizio costante e serio si potessero ottenere grandi risultati; è proprio in questa teoria che una linea di continuità fra Filostrato e gli allenatori di oggi è ben presente, tanto che in tutti gli sport - e soprattutto nel calcio - la perfetta condizione fisica è elemento essenziale per ottenere grandi successi, perché non sempre vince il migliore, ma chi ha più tenuta e determinazione. In questo, Filostrato ha fatto scuola.

mercoledì 22 luglio 2015

Il perchè di un blog

In questo caldo, caldissimo pomeriggio d'estate mi presto ad aprire un blog. Sì, uno spazio mio nel quale vorrei cercare di esprimere opinioni, riflessioni e contenuti di vario genere.
Nel mio passato, sin dai tempi del liceo, c'è sempre stata la passione per il giornalismo, un settore nel quale ho espresso le mie umili capacità di cronista e di opinionista; oggi non mi sento più libero di scrivere non tanto ciò che voglio, quanto ciò di cui sento l'esigenza. Ecco spiegato, quindi, il blog.
Il nome? Nella vita sono un insegnante di Lettere e amo molto il caffè, soprattutto al bar, in quei 10 minuti di meditazione con me stesso...
A questo punto, con l'afa sempre più pressante, la voglia di stare davanti al computer sta evaporando velocemente... E' ora di prendere la macchinetta, di mettere acqua e caffè, e... Ad maiora!

Il Prof.