di Fabio Pagani
Ci sembra doveroso e di stringente attualità, ripubblicare il notevole racconto dell'amico Marcello Monti, "Quell'estate dell'87", riguardante il sequestro a scopo di estorsione e l'omicidio del giovane alfonsinese Pier Paolo Minguzzi, all'epoca 21enne carabiniere di leva.
Proprio ieri, infatti, è stata divulgata sui giornali e in televisione la notizia che la famiglia attendeva da quasi 40 anni: la condanna, in via definitiva, dei due imputati da parte della Corte d'assise d'appello di Bologna, che ha ribaltato la decisione del procedimento di primo grado. Ergastolo, quindi, per gli ex carabinieri della stazione di Alfonsine, Orazio Tasca e Angelo Del Dotto, precedentemente prosciolti; assolto, invece, Alfredo Tarroni.
Marcello Monti, vincitore al "Roma Crime Fest" 2024 nella sezione racconti gialli con questa narrazione, ha dato voce ad una storia che lo ha toccato molto, come del resto ha colpito i tanti alfonsinesi che, come lui, c'erano in quel 1987 e furono scossi da un evento di portata impensabile per una piccola comunità come Alfonsine.
Ripubblichiamo volentieri il racconto, in memoria del povero Pier Paolo.
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Pier Paolo Minguzzi |
Quell'estate
dell'87
Vaccolino,
primo maggio, 1987
Quando
il sole si specchiò nelle acque salmastre del Delta del Po, il suo
destino si era già compiuto. Il suo corpo, invece, legato ad una
grata di ferro arrugginito, galleggiava sospeso tra la superficie e
il fondale, impigliato tra i canneti e cullato da acque poco
profonde, in attesa che qualcuno lo notasse. Il suo ritrovamento
concluse dieci giorni di ricerche febbrili, ma aprì una serie di
interrogativi che proiettò un’ombra densa e fumosa sull’intera
comunità di Alfonsine, paese dove la vittima viveva.
La
dinamica con cui era avvenuto il rapimento del ventunenne carabiniere
di leva, infatti, suggeriva che i colpevoli fossero del luogo. Solo
poche persone conoscevano i suoi spostamenti e, tra questi, doveva
esserci qualcuno molto vicino alla sua famiglia. Le indagini andavano
a rilento. Più passava il tempo e più gli inquirenti faticavano a
trovare una pista investigativa attendibile, contribuendo ad
alimentare la paura. Il dubbio e il sospetto si insinuavano tra le
persone come la nebbia, che da queste parti diventa così fitta da
essere tangibile, isolandole e avvolgendole nell’insicurezza. Anche
l’estate sembrava tenersi alla larga da qui, manifestandosi solo a
luglio inoltrato, mese nel quale prese forma un altro episodio
criminoso. A seguito di ripetute minacce a carico di un’altra
famiglia facoltosa del posto, veniva chiesto una somma di denaro per
evitare che venisse fatto loro del male ma, a differenza del
precedente tentativo estorsivo conclusosi tragicamente, si decise di
denunciare la vicenda al comando dei carabinieri provinciale,
escludendo quello locale. Su suggerimento delle forze dell’ordine,
le parti si accordarono per pagare metà della somma richiesta e fu
approntato un piano per incastrare i malviventi.
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Marcello Monti, autore del racconto |
Lunedì
13 luglio, Alfonsine, ore 17:00
Un
uomo sulla trentina, afferrò la birra fresca che aveva ordinato al
bar della stazione di servizio e si sedette all’esterno del locale.
Con le mani callose appoggiò la bibita sul tavolino accanto e con le
dita ancora sporche di grasso sotto le unghie sfilò una Lucky
Strike che aveva incastrato tra l’orecchio e i riccioli
neri. L’accese, distese le gambe sulla sedia che aveva di fronte e,
guardando nel vuoto, si fumò la sua bionda. Una sciantosa dal trucco
appariscente si avvicinò chiedendogli una sigaretta, ma lui la
mortificò con un ghigno, mostrandogli il pacchetto ormai vuoto.
«Anche
ieri sera è andata male al casinò?» la donna si lasciò scappare
una risata sarcastica.
«Come
sempre, un po’ ho vinto e un po’ ho perso…» rispose lui, dopo
aver sputato una pagliuzza di tabacco. «Ma la prossima volta andrà
meglio!» La voce dell’uomo trasmetteva l’ineluttabile certezza
di chi è consapevole che il destino, prima o poi gli avrebbe
concesso l’opportunità di svoltare. E lui si sentiva pronto per
coglierla. Poi, aspirò una generosa boccata di nicotina che soffiò
via come a scacciare un brutto pensiero.
Dopo
qualche minuto, una pattuglia di carabinieri parcheggiò la loro
volante nel piazzale dello stesso bar. Osservarono chi ci fosse
all’interno e attesero qualche istante prima di entrare. Alla loro
vista, l’uomo dai riccioli neri strinse il pugno con cui aveva
afferrato la bibita. L’espressione che seguì ne accentuò le
spigolosità del viso. Loro, avvicinandosi all’ingresso,
accennarono un saluto sfiorandosi la visiera del cappello
d’ordinanza. Lui contraccambiò con un flebile sorriso di cortesia.
I
militari ordinarono un caffè e, mentre il resto degli avventori
canticchiava Thriller in un inglese farfugliato, l’uomo seduto
all’esterno li raggiunse. Poi, mormorò qualcosa che non doveva
essere udito da altri. I militari lo guardarono con quella supponenza
di chi crede di avere il mondo in pugno, lasciarono i soldi sul
bancone e si allontanarono.
Lido
Adriano, ore 17:00
Una
giovane donna, che stava stirando una camicia bianca, indugiò
qualche istante ad osservare il marito seduto sul piccolo divano di
casa mentre fissava il televisore spento. Nonostante alle diciotto
iniziasse il suo turno al comando del nucleo operativo dei
carabinieri di Ravenna, era ancora in mutande e canottiera a righe
fini. «Che c’è amò, oggi mi sembri strano.»
L’uomo
sorrise per rassicurarla, ma la tensione lo fece apparire innaturale,
confermando le preoccupazioni della moglie. «Oggi, è la mia prima
missione e credo che stasera ci sarà da sparare…»
La
donna si massaggiò il ventre e poi puntò l’indice verso il
marito. «Non
fare cazzate! Ti ricordo che, l’anno prossimo, diventerai padre.»
«Sono
l’ultimo arrivato, credi che dovrò fare tutto io?» L’uomo
sdrammatizzò con una battuta, che in cuore suo sperava
corrispondesse alla verità. Vestì la camicia bianca e poi il resto
dell’uniforme. Baciò la moglie sulla fronte e le sorrise
nuovamente prima di chiudere la porta dell’appartamento alle sue
spalle.
Alfonsine,
ore 22:00
Due
uomini parcheggiarono la loro Fiat 127 bianca nel
garage di una casa abbandonata nella campagna appena fuori
dall’abitato che diede i natali al poeta Vincenzo Monti. Ad
attenderli, c’era l’uomo magro dai capelli ricci corvini che,
come una belva in trappola, camminava inquieta, sotto l’ombra di
una pergola. I due chiusero il portone in lamiera e si avvicinarono.
«Tutto
a posto!» Il più giovane dei due si affrettò a tranquillizzare
l’uomo.
«Tutto
a posto un cazzo! Vi devo ricordare cos’è successo l’ultima
volta? Abbiamo commesso un’ingenuità ed è andato tutto a puttane.
Siamo andati bene che non ci hanno beccato, Cristo Santo!» L’uomo
ruggì con rabbia verso i due complici. «Quante volte vi ho detto di
non farci vedere insieme! Ogni leggerezza può far saltare tutto.
Piuttosto, siete sicuri che nessuno conosca le nostre intenzioni?»
«Non
sospettano nulla. Tra l’altro, questa sera, hanno messo in servizio
il più rincoglionito.» I tre risero rumorosamente.
Furono
subito riportati al silenzio dall’uomo riccioluto. «Avete lasciato
le vostre armi in caserma?»
Gli
altri due fecero un cenno d’assenso. «E tu, hai portato la Smith &
Wesson?» chiese il più giovane della comitiva.
L’uomo
riccioluto prese un fagottino che teneva custodito sotto la sella del
motorino parcheggiato all’ombra della pergola e lo mostrò. «Come
ci organizziamo?»
Uno
dei due prese una cannetta della stuoia di vimini che rivestiva la
pergola e lo spezzò in tre parti di dimensioni diverse. Chi avesse
estratto il legnetto più piccolo, avrebbe assegnato i compiti. Così
fu l’uomo più smilzo a farlo. Per sé stesso scelse la guida, al
più giovane affidò il compito di recuperare il malloppo, mentre
all’altro consegnò la pistola.
Taglio
Corelli, ore 22:00
«Oggi
fa veramente caldo e l’aria è irrespirabile!»
Un
giovane carabiniere del Nucleo Operativo di Ravenna era sul luogo a
lui assegnato, all’interno di una volante e in compagnia di un
maresciallo.
La
piccola frazione alle porte di Alfonsine era un luogo facile da
presidiare. Poche case, per lo più abbarbicate ad un tratto
rettilineo compreso tra due grandi curve dell’arteria stradale che
unisce la pianura emiliana alla costa romagnola, e spazi ampi che
consentivano di controllare con largo anticipo chi potesse transitare
da quelle parti. Il piano prevedeva che la borsa contenente la somma
pattuita fosse posizionata in uno spiazzo antistante il cancello di
accesso alla casa cantoniera. Una volta recuperata, i carabinieri più
vicini dovevano verificare che i malviventi fossero disarmati e, solo
a quel punto, intervenire. Nel caso fossero riusciti a fuggire, tutte
le vie di fuga erano state preventivamente presidiate. Nessuno sapeva
di quell’operazione, eccetto i dodici uomini coinvolti e il loro
comandante.
«Non
preoccuparti, tra poco più di un’ora questo caldo sarà solo un
appiccicoso ricordo. Poi, te ne torni a casa dalla tua mogliettina a
Lido Adriano.» Il
maresciallo si tolse il cappello e asciugò la testa.
Parvi
crinuta con la mano.
L’altro,
ruotò più volte la fede nuziale attorno all’anulare.
«Lo
sai che non possiamo permettercelo, vero?» Il maresciallo si rivolse
all’appuntato in modo paterno.
«Cosa?»
Le pupille si dilatarono, trasformandosi in due chicchi di caffè che
accentuarono le rotondità del viso.
«Di
avere paura!»
Il
giovane collega annuì, vibrando il capo.
«La
paura è un lusso, figlio mio. Ogni nostra incertezza la potremmo
pagare con la vita. Ma oggi è il tuo giorno fortunato, perché, fino
a quando starai con me, non ti accadrà nulla. Sarò il tuo
Maradona.»
Il
giovane appuntato sorrise orgoglioso. Per la prima volta Napoli non
era ricordata solo per i suoi vizi e, dopo lo storico primo scudetto,
anche per qualche virtù. Lui era di Caserta, ma mai come ora tutti i
campani si sentivano napoletani e, così, rivalersi contro i
pregiudizi che li vedevano relegati sempre sul fondo della società.
Anche per questo, all’inizio, si era adattato a stare in cucina pur
di essere dalla parte giusta. Festeggiò come a capodanno, quando fu
promosso al nucleo operativo, anche se il regalo per quella
promozione l’avrebbe scartato nove mesi più tardi.
«Secondo
lei, sono gli stessi?»
La
domanda sorprese il maresciallo. «Questa cosa da dove viene fuori?»
«Vede,
un sequestro finito male e un tentativo di estorsione in soli due
mesi e mezzo, in un posto dove non accade mai nulla… a me sembra
davvero strano.»
«Pensi
alla criminalità organizzata?»
«Non
lo so, non credo. E chi sono io per dirlo... Però, penso che ci sia
un legame tra le due vicende.»
«E
come?»
«Vede,
il giorno in cui questo ragazzo è stato ritrovato, io c’ero…»
Il giovane carabiniere guardò il maresciallo come per fare una
confessione. «Quando l’hanno estratto dall’acqua, ho subito
notato che c’era qualcosa che non tornava.»
Il
maresciallo lo esortò a continuare.
«Innanzitutto,
il cappuccio. Se non vuoi che qualcuno ti riconosca, non utilizzi un
sacco con dei fori all’altezza degli occhi, questo mi pare ovvio…»
«E
poi?»
«Di
gente incaprettata purtroppo ne ho vista, ma quella non aveva nulla a
che fare con quel modo là… La fune, che legava i polsi e le
caviglie, arrivava fino al collo… Capisce?»
Il
maresciallo guardò un punto indefinito come se stesse immaginandosi
la scena. «Si è soffocato nel tentativo di liberarsi…»
«Esatto,
e questo è avvenuto la sera stessa del rapimento. Probabilmente,
mentre era rinchiuso nel bagagliaio dell’auto che lo stava
trasportando al covo.»
«Hai
informato di questo i superiori?»
«Troppe
chiacchiere, marescià! Qui nisciun si fida più…»
Il
maresciallo sorrise bonariamente. «Quel giorno, al Po di Volano, hai
visto qualcos’altro?»
Il
giovane carabiniere si guardò le ginocchia e annuì, serrando la
mascella. «Sì, oltre a noi del nucleo operativo, c’era un ragazzo
che più o meno aveva la mia età… L’ho notato perché si muoveva
con una certa disinvoltura. Allora gli ho chiesto i documenti…»
Il
maresciallo gli fece cenno di proseguire.
«Mi
disse che era del comando di queste parti e che, pur non essendo in
servizio, si era precipitato per verificare che il corpo ritrovato
corrispondesse a quello del ragazzo che stavano cercando da dieci
giorni.»
«Bè,
che c’è di strano?»
«Come
faceva a saperlo, se non era in servizio?»
Il
silenzio, che avvolse i due carabinieri, fu interrotto dal gracchiare
della radio che comunicò loro l’inizio dell’operazione.
Alfonsine,
ore 23:45
I
tre uomini spensero il loro ultimo mozzicone di sigaretta,
schiacciandolo sul viottolo ghiaiato della cascina in cui si erano
nascosti fin dalla tarda serata e dove avevano pianificato come
muoversi dopo il colpo. La strategia stabiliva di fare tappa, in
momenti diversi, al casinò di Sanremo e millantare
al bar e con i colleghi vincite milionarie. Fino a quel momento,
avrebbero dovuto condurre le vite di sempre. All’idea del loro
ricco futuro, risero sguaiatamente e si scambiarono delle pacche di
incoraggiamento. Poi, aprirono il portone di lamiera dove avevano
tenuto celata la macchina.
Prima
di salire sulla Fiat 127, il più giovane ebbe un
tentennamento. «E se fosse una trappola?»
Un
fremito si infiltrò sotto le magliette, facendoli rabbrividire. Di
colpo le loro certezze vacillarono e i sorrisi furono sostituiti da
pieghe profonde a solcarne i volti come calanchi, nonostante fossero
tutti molto giovani.
«Non
è il momento di dire delle cazzate!» La pesante inflessione
romagnola del più grande dei tre frantumò quel gelo e li spinse a
proseguire, dissolvendo i timori del giovane complice. «Se hai avuto
l’impressione che qualcuno abbia capito chi siamo e abbia mangiato
la foglia, dillo ora perché dopo sarà troppo tardi. Se te la fai
sotto, è ormai troppo tardi anche per quello!»
Quando
il più giovane salì, l’uomo più magro e dai capelli ricci era
già alla guida e quello con la pistola era seduto sul sedile
posteriore. Uno sbuffo poderoso accumunò i tre uomini. Una volta
imboccato la Statale, accesero i fari e sintonizzarono l’autoradio
su un’emittente locale che stava trasmettendo l’ultimo successo
di Mick Jagger da solista, Let’s work. Gli sembrò persino una
coincidenza fortunata. Poi, chiusero i finestrini e, lentamente, si
diressero in contro al proprio destino.
Taglio
Corelli, ore 23:50
Il
buio della campagna era interrotto da alcuni lampioni che, come una
linea tratteggiata, univa il centro abitato di Alfonsine con quello
della sua frazione. La visibilità non era ottimale, soprattutto
dalla posizione che era stata assegnata ai due carabinieri. Non si
distingueva nemmeno il piano stradale dal fossato. Anche le luci
delle abitazioni erano spente, fatta eccezione per quella che
proveniva dalla finestra in prossimità della casa cantoniera. Il
maresciallo la notò quando udì il rumore di un’auto in
avvicinamento, perché poco dopo si spense. Pensò ad un segnale e,
contravvenendo agli ordini, abbandonò la posizione prevista dalla
loro consegna.
«Perché
siamo venuti qua?» bisbigliò, l’appuntato.
«Perché
voglio vedere in faccia questi bastardi!»
Mentre
l’auto si avvicinava trasportando con sé la musica allegra di Mick
Jagger, i due carabinieri, acquattati nel fosso, sentivano i loro
battiti squassargli il petto.
L’auto
arrestò il suo rotolamento inerziale, proprio di fronte all’esca.
La portiera si aprì di scatto aumentando i decibel della radio.
Quando la mano tesa afferrò la borsa, il maresciallo alzò appena lo
sguardo per consegnare un cenno d’intesa all’appuntato.
Il
giovane carabiniere emerse dal nascondiglio. «Tasca, ma che cazzo ci
fai qua?» urlò all’indirizzo del delinquente. Lui, spaventato,
gli gettò contro la borsa e tentò di riguadagnare la macchina.
«Vetrano,
fermati!» Il maresciallo gridò, nel vano tentativo di impedire al
collega di fare una sciocchezza.
D’istinto,
l’appuntato si buttò addosso al malvivente e non si accorse che il
complice con la pistola aveva già preso la mira. Il proiettile
raggiunse il petto del giovane carabiniere che cadde a terra. Il
maresciallo, sorpreso, esitò prima di rispondere al fuoco, le gomme
fischiarono e gli altri due complici fuggirono. Il giovane appuntato
ebbe solo il tempo di vedere il maresciallo bloccare a terra il
collega coetaneo e ammanettarlo, poi chiuse gli occhi per sempre. La
loro fuga fu brevissima, durò meno di un ghiacciolo a ferragosto.
Alla curva successiva, due volanti avevano già interrotto la loro
folle corsa. Le altre li avevano raggiunti alle spalle ed
accerchiati.
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