giovedì 21 gennaio 2016

Saffo e l'isola di Lesbo, storie di amore e civiltà

Oggi entriamo a pieno titolo nella Grecia del VI secolo e ci occupiamo di quei poeti che cantano l'amore, le passioni, i più intimi segreti. Si tratta dei melici monodici, vale a dire di coloro che affermano un tipo di poesia non solo individuale, ma anche di gruppo. Saffo, ad esempio, canta i vari aspetti dell'amore all'interno di un circolo di ragazze, il thiasos, da lei diretto sotto il segno di Afrodite. La stessa considerazione vale per Alceo, vissuto come Saffo a Lesbo, che si rivolge agli aristocratici quando esulta per la morte del tiranno, quando denuncia il tradimento dei patti, quando lamenta la situazione politica. Discorso diverso, invece, per Anacreonte: anche la sua è poesia di gruppo che si rivolge, però, alla città perché egli opera in un periodo in cui i tiranni, sgretolatasi l'aristocrazia, tentano una restaurazione su basi nuove della coesione cittadina, rivalutando le tradizioni.
Dopo questa introduzione, necessaria per capire ciò di cui stiamo parlando, iniziamo con l'affrontare la storia di Saffo, la più grande poetessa del mondo antico, e non. Ella vive a Mitilene, città dell'isola di Lesbo: è bruna, piccolina e, a quanto pare, non bella.

Saffo dipinta da John William Godward (1904)

Si sposa, ha una figlia (Cleide, che ricorre in molte poesie della madre, per es. il fr. 132 Voigt).

Ho una bella bambina che assomiglia
A un fiore d’oro, Cleide prediletta,
E non la cambierei io con la Lidia
Intera o con l’amata.
Saffo riunisce molte fanciulle, definite “etairai” (compagne) o “matzetriai” (allieve) nella sua casa: per indicare questa cerchia di amiche si usa il termine “thiasos” (tiaso, parola che non compare mai nelle sue poesie).
Scopo del tiaso è l'avviamento al matrimonio, anche se occorre sottolineare che le cose che le giovani imparano (cantare, danzare, vestirsi e muoversi con eleganza, cospargersi di unguenti, intrecciare corone di fiori) non le metteranno poi in pratica come mogli. Quindi è più giusto dire che Saffo insegna alle fanciulle l'arte della seduzione, rendendole testimoni di Afrodite, dea della bellezza e dell'amore (fr. 1 Voigt).
Ad Afrodite
Afrodite, trono adorno, immortale,
figlia di Zeus, che le reti intessi, ti prego:
l'animo non piegarmi, o signora,
con tormenti e affanni.
Vieni qui: come altre volte,
udendo la mia voce di lontano,
mi esaudisti; e lasciata la casa d'oro
del padre venisti,
aggiogato il carro. Belli e veloci
passeri ti conducevano, intorno alla terra nera,
con battito fitto di ali, dal cielo
attraverso l'aere. (…)

In precedenza abbiamo citato l'isola di Lesbo. Probabilmente a qualcuno di voi verrà in mente un aggettivo, “lesbico”: c'è un nesso fra il nome dell'isola e il termine indicato? Certamente. Caratteristico del tiaso di Saffo, infatti, è l'omoerotismo: è necessario sottolineare come per i Greci non fosse disdicevole l'amore fra un adulto ed un giovane imberbe o tra una adulta ed una fanciulla, a differenza dei rapporti intimi fra persone mature. Era considerato normale, invece, il legame giovane-adulto: si lodava la persona con più anni se riusciva a soddisfare il proprio desiderio, era ammirato il ragazzo se, al contrario, era capace di rimanere puro. Il giovane, appena “metteva” la barba, non era più amato dagli uomini, ma dalle donne e prendeva regolarmente moglie.
Saffo è, per eccellenza, la poetessa dell’amore: soffre, spera, attende, si contorce dal dolore, ama con la forza di un vulcano. Chi volesse, poi, approfondire la figura della signora di Mitilene può tranquillamente riferirsi al seguente testo:
E. Degani, G. Burzacchini, Lirici Greci, La Nuova Italia, Firenze, 1997.
Vi lasciamo con un paio di frammenti, tradotti da Salvatore Quasimodo. 
Frammento 5
Squassa Eros l'animo mio, come il vento sui monti che investe le querce.
Frammento 13
Eros che fiacca le membra, di nuovo, mi abbatte dolceamara invincibile fiera  
Attis, ti sei stancata di pensare a me, e voli da Andromeda.  

Alla prossima con Alceo ed Anacreonte.

Ad maiora!