Ci eravamo lasciati, a fine novembre, con un post
sull'origine della civiltà ellenica, rimandando a fasi successive la
prosecuzione dell’argomento. A causa dei già noti problemi informatici che
hanno colpito “il ferro” di chi scrive,
riprendiamo oggi il filo del discorso.
L’Iliade e l’Odissea raccontano fatti realmente accaduti:
Troia (distrutta da una spedizione o da più incursioni) si trovava su una
piccola altura, nella regione Nord-Occidentale dell’Asia Minore presso la
confluenza di due piccoli fiumi, lo Scamandro e il Simoenta, oggi a sinistra
dello Stretto dei Dardanelli. Il luogo è stato identificato dall'archeologo
tedesco Heinrick Schliemann sotto la collina di Hissarlik, in Turchia.
La celebre maschera funebre di Agamennone, in oro, ritrovata da Schliemann
Troia,
sorta intorno al III millennio a.C., fu abitata dall’800 a.C. da una
popolazione indoeuropea che conosceva il cavallo, usava la ceramica, inumava i
morti. Intorno al 1300 a.C. fu danneggiata da un terremoto, poi fu ricostruita e
nel 1260 a.C. (circa) fu espugnata ed incendiata. Le vicende di Troia furono
raccontate dai reduci della guerra e cantate dagli “aedi” (cantastorie) nelle
case, durante un banchetto, nei santuari, nelle piazze… Il contenuto dei
racconti (che, ricordiamolo bene, NON erano scritti!) veniva aggiornato secondo
le richieste del pubblico, ma in genere era strutturato su tre elementi fissi:
- le
formule, ovvero nessi di parole con metrica costante (“il piè veloce Achille”
oppure “il chiaro Odisseo”) ;
- scene
tipiche (sbarchi, partenze, sacrifici, banchetti, duelli…);
- canoni positivi, vale a dire regole per organizzare
la metrica in sequenze tradizionali.
Achille ed Aiace Telamonio mentre giocano a dadi
Nel tempo l’epica si cristallizzò nella forma in cui aveva
avuto più successo e nel VII sec. a.C. il processo era ormai definitivamente
concluso ed i canti erano recitati a memoria dai “rapsodi” (termine
riconducibile a due etimologie: da ῥάψας – cucire insieme – e αἰδιός – cantore
-, vale a dire un cantore che cuciva insieme gli episodi; da ῥάβδος – bastone
– e αἰδιός – cantore -, ovvero un cantore che si appoggia ad un bastone, visto
che, abbandonato lo strumento musicale, recitava sostenendosi con un bastone).
Aedi e Rapsodi
Quindi, per capire meglio, possiamo sintetizzare il tutto in
questo modo: l’aedo è il cantore di ogni genere di versi, mentre il rapsodo lo
è dei soli versi epici.
Iliade ed Odissea appaiono, però, non come un’aggregazione
di parti, ma come una creazione unitaria con un piano organico. A questo
proposito può esserci utile ricordare il giudizio di Aristotele: “Omero,
nell'Odissea, non racconta tutte le vicende di Odisseo, ma compone l’Odissea
intorno ad un’azione (il ritorno di Ulisse) e così anche per l’Iliade (l’ira di
Achille).
Uno dei grandi misteri nati attorno a questi due poemi
omerici è la paternità degli stessi: chi li ha scritti? Omero è davvero
esistito? Perché, secondo alcune teorie, il suo nome significherebbe “non
vedente?” A queste domande, che costituiscono la materia di studio denominata
“Questione omerica”, daremo risposta la prossima volta.
Ad maiora!