martedì 5 gennaio 2016

Iliade ed Odissea, tante storie con un unico intreccio? (Il mondo greco, seconda parte)

Ci eravamo lasciati, a fine novembre, con un post sull'origine della civiltà ellenica, rimandando a fasi successive la prosecuzione dell’argomento. A causa dei già noti problemi informatici che hanno colpito  “il ferro” di chi scrive, riprendiamo oggi il filo del discorso.
L’Iliade e l’Odissea raccontano fatti realmente accaduti: Troia (distrutta da una spedizione o da più incursioni) si trovava su una piccola altura, nella regione Nord-Occidentale dell’Asia Minore presso la confluenza di due piccoli fiumi, lo Scamandro e il Simoenta, oggi a sinistra dello Stretto dei Dardanelli. Il luogo è stato identificato dall'archeologo tedesco Heinrick Schliemann sotto la collina di Hissarlik, in Turchia.


La celebre maschera funebre di Agamennone, in oro, ritrovata da Schliemann


Troia, sorta intorno al III millennio a.C., fu abitata dall’800 a.C. da una popolazione indoeuropea che conosceva il cavallo, usava la ceramica, inumava i morti. Intorno al 1300 a.C. fu danneggiata da un terremoto, poi fu ricostruita e nel 1260 a.C. (circa) fu espugnata ed incendiata. Le vicende di Troia furono raccontate dai reduci della guerra e cantate dagli “aedi” (cantastorie) nelle case, durante un banchetto, nei santuari, nelle piazze… Il contenuto dei racconti (che, ricordiamolo bene, NON erano scritti!) veniva aggiornato secondo le richieste del pubblico, ma in genere era strutturato su tre elementi fissi:
le formule, ovvero nessi di parole con metrica costante (“il piè veloce Achille” oppure “il chiaro Odisseo”) ;
scene tipiche (sbarchi, partenze, sacrifici, banchetti, duelli…);
canoni  positivi, vale a dire regole per organizzare la metrica in sequenze tradizionali.


Achille ed Aiace Telamonio mentre giocano a dadi

Nel tempo l’epica si cristallizzò nella forma in cui aveva avuto più successo e nel VII sec. a.C. il processo era ormai definitivamente concluso ed i canti erano recitati a memoria dai “rapsodi” (termine riconducibile a due etimologie: da ῥάψας – cucire insieme – e αἰδιός – cantore -, vale a dire un cantore che cuciva insieme gli episodi; da ῥάβδος – bastone – e αἰδιός – cantore -, ovvero un cantore che si appoggia ad un bastone, visto che, abbandonato lo strumento musicale, recitava sostenendosi con un bastone).


Aedi e Rapsodi


Quindi, per capire meglio, possiamo sintetizzare il tutto in questo modo: l’aedo è il cantore di ogni genere di versi, mentre il rapsodo lo è dei soli versi epici.
Iliade ed Odissea appaiono, però, non come un’aggregazione di parti, ma come una creazione unitaria con un piano organico. A questo proposito può esserci utile ricordare il giudizio di Aristotele: “Omero, nell'Odissea, non racconta tutte le vicende di Odisseo, ma compone l’Odissea intorno ad un’azione (il ritorno di Ulisse) e così anche per l’Iliade (l’ira di Achille).
Uno dei grandi misteri nati attorno a questi due poemi omerici è la paternità degli stessi: chi li ha scritti? Omero è davvero esistito? Perché, secondo alcune teorie, il suo nome significherebbe “non vedente?” A queste domande, che costituiscono la materia di studio denominata “Questione omerica”, daremo risposta la prossima volta.


Ad maiora!