di Fabio Pagani
L’8 luglio di 35 anni fa si
chiudevano i mondiali di calcio di Italia ’90. Molto più di una semplice
manifestazione sportiva.
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"Ciao", la mascotte dei mondiali |
Quella sera, allo stadio “Olimpico”
di Roma, scesero in campo Argentina e Germania in una finale che, noi italiani,
avremmo dovuto e voluto disputare: ci furono fatali i calci di rigore nella
semifinale contro i sudamericani, giocata a Napoli, nel regno di Maradona. Il
mondiale lo vinsero i tedeschi, destinati a vendicarci battendo la nazionale
albiceleste con un tiro dagli undici metri trasformato dal compianto Andreas Brehme.
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Maradona e Matthäus, capitani di Argentina e Germania nella finale |
Quella coppa del mondo rappresentava la chiusura del cerchio di un decennio, quello degli anni ’80, che per l’Italia voleva dire benessere, denaro, opulenza: uscito dagli “anni di piombo”, il Paese rinacque, pur portando dentro di sé le proprie naturali contraddizioni; in politica vi fu il primo governo socialista della storia repubblicana, il mondo della comunicazione venne travolto dal fenomeno delle televisioni private di Berlusconi, l’imprenditoria vide la vertiginosa ascesa dei cosiddetti “yuppies”, giovani professionisti molto attenti al proprio aspetto esteriore e dediti alla bella vita.
La stessa RAI, il 5 giugno del
1990, inaugurò i nuovissimi studi di Saxa Rubra e mise in campo – è proprio il
caso di dirlo – un sistema avveniristico per riprendere tutte le partite del
mondiale e ciò che ne faceva da contorno.
Nei mesi precedenti la
manifestazione, furono costruiti e rinnovati gli stadi: ex novo, il “Delle Alpi”
di Torino ed il “San Nicola” di Bari, vere e proprie cattedrali nel deserto mai
decollate; la spesa complessiva per l’edificazione degli impianti fu di circa
1250 miliardi di lire (rispetto ai 250 miliardi preventivati…) e toccò gli oltre
7 miliardi considerando tutte le opere pubbliche nate ad hoc.
Gli effetti di questo spreco si
sarebbero palesati per oltre 25 anni sulle casse dello Stato; quello che,
invece, a breve sarebbe accaduto al Paese lo sappiamo tutti: l’illusione di Italia ’90 tramontava in campo con il rigore parato da Goycochea ad
Aldo Serena, sugli scranni della politica con lo scandalo denominato “Tangentopoli”,
con cui si sarebbe chiusa l’epoca dei partiti della cosiddetta “prima
Repubblica” e di quel benessere di superficie di fine anni ’80.
Ma a noi, che nell’estate del 1990 avevamo 8 anni, restano impresse le emozioni del primo mondiale della nostra vita, del clima elettrico che si respirava e di quella voglia di sognare che l’andare del tempo fatalmente sbiadisce. E poco importa se non abbiamo vinto.
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Il compianto "Totò" Schillaci, eroe delle "Notti Magiche" |