mercoledì 19 febbraio 2025

Vincenzo Monti: uomo libero o servo del potere?

di Fabio Pagani

Tutti sono a conoscenza delle “vicissitudini critiche” di Vincenzo Monti, vissuto in un periodo storico travagliato e segnato da eventi politici profondi, quali la Rivoluzione francese, la Repubblica Cispadana, l’avvento di Napoleone e la Restaurazione messa in atto dalla Santa Alleanza dopo il Congresso di Vienna. L’uomo Monti – secondo quanto si legge in molte storie della letteratura – si piegò a tutti gli avvenimenti divenendone di volta in volta il cantore ufficiale. Da iperboliche esaltazioni si passa a condanne assolute e profondo disprezzo, forse perché nel giudizio delle sue opere si fonde, quando non è dominante, quello della sua vita. Chi lo definisce poeta grande, chi lo dice arcade vuoto e perduto (vale a dire sordo, arido e superfluo rimatore di suoni inesistenti), chi lo celebra come Pater Patriae (Padre della Patria), chi, infine, lo qualifica come strimpellatore. Vediamo, in sintesi, alcuni dei giudizi più celebri sul poeta alfonsinese. 

Ai nostri lettori, il diritto di formulare un'opinione libera e disinteressata.

Vincenzo Monti (ritratto di A. Appiani)

Foscolo

Ugo Foscolo ottenne l’incarico (1800) di redigere le relazioni dell’Assemblea legislativa sul “Monitore Italiano”, soppresso dopo pochi mesi. S’invaghì senza fortuna di Teresa Pikler, moglie di Vincenzo Monti, e fu spinto persino ad un tentativo di suicidio. 

Partì per Bologna, forse anche per sfuggire a quel ricordo, dove trovò impiego in tribunale, collaborò al "Monitore Bolognese" e al "Genio Democratico", pubblicò un’opera di ampio respiro: Ultime lettere di Jacopo Ortis.

Lo scontro con il Monti avvenne per un malinteso, essendo stata erroneamente attribuita al Foscolo la stroncatura di un poemetto didascalico di un poeta amico del Monti. Da lì iniziarono battute a colpi di poemetti, satire, epigrammi. Eccone uno molto tagliente del Foscolo:
Discenderemo entrambi nel sepolcro, voi più lodato certamente, io forse più compianto; il vostro epitaffio sarà un elogio; sul mio si leggerà che, nato e cresciuto fra tristi passioni, ho serbato la mia penna vergine di menzogne.

E ancora il buon Ugo:

Questi è Monti poeta e cavaliero, 
gran traduttor dei traduttor d’Omero.

Il Foscolo scrisse l’epigramma contro Vincenzo Monti, che nel 1810 pubblicò la traduzione dell’Iliade (mentre il vecchio amico non era riuscito nell'impresa...), condotta in gran parte di seconda mano, utilizzando versioni latine ed italiane.

 L'Iliade di Monti (1810)

Il Monti si rifece, mettendo in ridicolo la tragedia Aiace del Foscolo, rappresentata con scarso successo a Milano l’anno dopo.

Per porre in scena il furibondo Aiace
il fiero Atride e l’Itaco fallace
gran fatica Ugo Foscolo non fè:
copiò se stesso e si divise in tre.

Il Monti ancora

Questi è rosso di pel Foscolo detto:
sì falso che falsò fino se stesso,
quando in Ugo cangiò Ser Nicoletto.
Guarda la borsa se ti vien d'appresso!

Leopardi

Ma tutto quello che spetta all’anima, al fuoco, all’affetto, all’impeto vero e profondo, sia sublime, sia massimamente tenero, gli manca affatto. Egli è un poeta veramente dell’orecchio, del cuore in nessun modo (Giacomo Leopardi).

  Giacomo Leopardi

De Sanctis

… La natura gli aveva largito le più alte qualità dell’artista: forza, grazia, affetto, armonia, facilità e brio di produzione. Aggiungi la più consumata abilità tecnica, un’assoluta padronanza della lingua e dell’elocuzione poetica. Ma erano forze vuote, macchine potenti prive d’impulso. Mancava la serietà di un contenuto profondamente meditato e sentito, mancava il carattere, che è l’impulso morale. Pure i suoi lavori, soprattutto l’Iliade (N.B. la traduzione del poema omerico da parte del Monti è, ancora oggi, considerata la versione migliore. E pensate che Monti non conosceva il greco! Forse anche per questo, Foscolo la definì “bella e infedele”), saranno sempre utili a studiarvi i misteri dell’arte e le finezze della elocuzione (Francesco De Sanctis).

Francesco De Sanctis

Carducci

… Il Monti fu un ingegno più vario che non il Metastasio, più pronto e ricco che non il Parini, più facile e vivo che l’Alfieri; seppe rinnovare quel che di usuale e di utile restava nelle consuetudini dell’arte italiana; seppe attingere con discernimento e con gusto alle letterature straniere (…) Fu in somma il maggior poeta ecletticamente artistico che l’Italia da gran tempo avesse avuto

(Giosuè Carducci, vincitore del Nobel per la Letteratura nel 1906).

Giosuè Carducci

Mazzini

Beata la nazione che al cader di un suo figlio degno dell’immortalità, può proferire il detto dello Spartano: Io ho molti figli grandi com’egli fu. Beata la nazione che onora gli illustri perduti con l’educare altri illustri sulle loro tombe (Giuseppe Mazzini).

Giuseppe Mazzini

Il Monti, però, non ebbe una tomba e le sue ceneri andarono disperse. Concludiamo non dimenticando la famosa quartina che Manzoni scrisse dopo la morte del Poeta:

 

Alessandro Manzoni (F. Hayez)

Salve, o divino, a cui largì natura

Il cor di Dante e del suo duca il canto!

Questo fia il grido dell’età futura;

Ma l’età che fu tua te ‘l dice in pianto.