mercoledì 14 settembre 2016

Dante in salsa romagnola

Cari amici,

oggi, 14 settembre, ricorre il 695^ anniversario della morte di Dante Alighieri, avvenuta, per l'appunto, il 14 settembre del 1321. Il poeta fiorentino, come tutti sappiamo, muore a Ravenna; la causa del decesso è probabilmente attribuibile alla malaria, da cui Dante viene ammorbato durante il ritorno da Venezia, forse nei pressi delle valli di Comacchio.
Del Sommo restano opere monumentali: Vita Nova, Commedia (l'aggettivo "Divina" le viene conferito da Giovanni Boccaccio), De Vulgari Eloquentia, De Monarchia, Convivio, ecc.
Egli ha reso immortali, nel bene e nel male, personaggi del mito (Ulisse, Caronte...), della storia (Virgilio, Giustiniano, Maometto, Federico II...), figure a lui "care" (Farinata, Ciacco, Cavalcante, Ugolino...) e spiriti immortali (Beatrice, i santi del Paradiso, le anime infelici, ma ancora unite, di Paolo e Francesca...).
Oggi, però, non vogliamo parlare del Dante poeta, ma dell'uomo deluso, rammaricato ed imbestialito per la "domus ultima", ovvero la tomba, regalatagli dai ravennati. Nel livore dantesco verso Ravenna, Apollinare, un borghese cittadino che Dante incontra per le vie e gli angoli della città, e Camillo Morigia, l'architetto, la "vera gloria ravennate", emerge prepotente la personalità poetica di Olindo Guerrini, che dedica al Sommo fiorentino una serie di esilaranti sonetti.
Oggi vi regaliamo, dalla raccolta "Una notte di Dante", il sonetto III.

Ed ei rispose a mè: "Porca Mariola
Cosa parli d'ingegno e d'intelletto
Se mi tengon chiavato in un tempietto
Che fora meglio ch'im dasess la mola,
Morigia? Vera gloria romagnola,
Che fu un patacca e mica un architetto
E pisciò sino sangue, poveretto,
Per fabricarmi questa pivirola
E i ravegnani al lume delle stelle
Vengono poi dal Bugno e coll'orina
Annegano il canton delle Tavelle,
Indi mi allegran sino alla mattina
Voci alte e fioche e suon di cul con elle
Sepolcro un cazzo! Quella è una latrina".

Ad maiora!