mercoledì 16 marzo 2016

Epigrafia latina... Non solo roba da intenditori!

Quanti di voi, visitando ad esempio i Fori Imperiali, si saranno imbattuti in quei lastroni di pietra con incise lettere e sillabe? Probabilmente moltissimi. Ma, onestamente, vi siete mai soffermati a provare a decifrare quei segni? Ecco, tali ruderi contengono delle epigrafi, vale a dire dei messaggi, dei veri e propri testi scritti in occasioni di ricorrenze, come quelli funerarie, oppure di celebrazioni.
La maggior parte delle iscrizioni romane sono, come detto, in pietra; nei tempi più antichi furono usate anche pietre vulcaniche, calcari, importate da Grecia, Egitto e Africa.
Naturalmente, ogni indagine epigrafica ha necessità di una mappa delle cave sfruttate; i Romani organizzarono uno sfruttamento intensivo delle cave tanto è vero che, presso le grandi città, si formarono grandi depositi di marmo – merce di lusso – impiegato nelle costruzioni e nelle decorazioni. La levigatura del blocco di marmo avveniva nella “bottega epigrafica” che si trovava in città o nel suburbio (periferia).



Gli strumenti usati erano il piccone, le ferulae (picchetti di ferro per staccare i blocchi), i cunei in legno, gli scalpelli, punteruoli, graphia (strumenti a graffio), compassi e squadre. Il trasporto dalle cave alle officine avveniva per mare, lagune o fiumi; l’appalto dei trasporti toccava ai negotiatores artis lapidariae (negoziatore dell’arte della pietra). Nella lavorazione, il lapicida (sculptor o scriptor) si metteva semisdraiato oppure su una impalcatura per tracciare il ductus (l’ordine dei singoli elementi dell’iscrizione). Nel passaggio tra le varie fasi dell’iscrizione, potevano accadere “errori”, indice del grado di cultura degli operatori. A questo proposito, è di fondamentale importanza l’ordinatio, che non consisteva solo nel disegno delle lettere, ma anche nel tracciato di linee orizzontali sulle quali o dentro le quali si dovevano incidere le lettere (linee tracciate con una punta sottile, col gesso o col carboncino). Gli errori più comuni nell’incisione erano:
• errori o correzioni di semplici lettere, magari per assonanza;
• per analfabetismo;
• per fraintendimento di lettere (E e F) o per incomprensione di lettere (I,L,T) confuse con le linee di guida;
• lettere incise capovolte;
• scambio di lettere (es. posiut per posuit);
• lettere dimenticate e poi inserite più tardi;
• correzioni che vogliono migliorare l’originale.
Vanno ricordate infine le iscrizioni musive - ad opera dello stesso mosaicista – che si inseriscono nel quadro generale delle tessere del mosaico; queste iscrizioni si compivano domi (cioè in casa e non in officina).



Le abbreviazioni si chiamano siglae:
R(es) P(ublica)
DDDD NNNN   D(omini) N(ostri) Q(uattuor) : quattro nostri padroni
Forse le abbreviazioni erano dovute all’esigenza di risparmiare spazio e in virtù di quelle la lettura dell’iscrizione era mnemonica (memorizzare i significati delle abbreviazioni).
Le iscrizioni funerarie erano indicative di un tentativo di ricordare, anche dopo la morte, le persone; queste epigrafi non erano solo prerogativa dei ricchi, ma anche dei poveri e costituivano dei veri e propri nuclei familiari.
Es.
D.(is)M.(anibus) L.(ucius) Camillus Faustus vir Aug(ustalis) viv(us)
fecit in anno LXX, vixit annis LXXXXII.
Agli Dei Mani, Lucio Camillo Fausto, uomo vivo al tempo di Augusto, fece (la lapide) nell’anno 70 (di età), visse negli anni 92 (dopo Cristo, sotto l’imperatore Domiziano).

Inoltre ricordiamo dei cartelli con elenco dei prigionieri, delle imprese, dei bottini.
Esistevano anche cartelli satirici, polemici, di dissenso o di difficile comprensione, come I.N.R.I. (Iesus Nazarenus Rex Iudearum).
L’immagine a cui era associata questa scritta era quella di un pesce e i Romani non riuscivano a collegare la figura dell’animale alla scritta, anche perché poteva apparire un’ulteriore sigla (Iktzùs) che in greco significa “pesce” ma, sciogliendo le abbreviazioni, ci troviamo di fronte ad una cosa assai strana e eccezionalmente esatta pur nella sua apparente casualità: Iesùs Kristòs Tzeoù Uiòs Sotèr (Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore).

Per concludere, proponiamo alcuni esempi di scioglimento di un’epigrafe, sperando di non avervi troppo annoiato.

D M
SEVERUS
SEXTI   FIL
UXORI     POS

Dis Manibus             Severo, figlio di Sesto, pose (questa lastra tombale) in
Severus                     onore degli Dei Mani alla moglie
Sexti Filius  
Uxori Posuit

HER   M   V   MET

Herculi   Miles   Vivus   Metellus               Il soldato vivo Metello dedica l’epigrafe

                                                                     ad Ercole


Ad maiora!

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