Cari amici,
continuiamo la nostra rassegna di classici, parlando di Petronio, intellettuale al (dis)servizio della corte di Nerone.
Correva il I^ secolo d.C.
La vita. Il titolo di questo micro-saggio inquadra molto bene, a nostro parere, la figura di Gaio
Petronio Nigro, la cui vita è magistralmente tratteggiata da Tacito nei suoi Annales (XVI, 18 – 19). Dopo essere
stato proconsole in Bitinia, nel 60 d.C., e successivamente console, Petronio
entra a far parte delle grazie dell’imperatore Nerone, che lo celebra come
poeta raffinato, colto e certamente molto narcisista. Tant’è che tali
caratteristiche gli valgono l’appellativo di arbiter elegantiarum. Nel 65, come accaduto anche a Seneca,
Petronio viene accusato di aver partecipato alla congiura dei Pisoni e, quindi,
è costretto alla morte, che però viene interpretata dal nostro come uno
spettacolo, come l’ultima scena preparata da un grande attore, un Charlie
Chaplin di “Luci della ribalta” ante
litteram, tanto per citare un colosso del cinema del ‘900. Petronio si
taglia le vene durante un banchetto, circondato da donne ed amici, con una
teatralità senza precedenti.
Le opere. Di
sicura attribuzione petroniana è il Satyricon,
mentre sono molto incerte le raccolte e i frammenti di carmi di cui ci
parla l’Anthologia Latina.
Satyricon
Il
titolo è una forma latinizzata del genitivo plurale greco Satyrikà, “Storie di satiri”, con riferimento al carattere erotico
dell’opera. Di questo lavoro ci è giunto un lungo frammento narrativo in prosa
con alcune parti in versi. La storia è narrata in prima persona dal
protagonista, Encolpio, che, in viaggio con il suo capriccioso amante Gitone,
viene in contrasto con il rivale Ascilto. L’ira del dio Priapo, però, sta per
abbattersi su Encolpio, che viene privato della propria virilità. In una ignota
località di campagna, i due amanti vengono invitati a cena da Trimalcione, uno
schiavo divenuto libero, quindi un liberto. Il convivio, che costituisce la
parte più importante e corposa del Satyricon,
ovvero il libro XV, altro non è che una sterile quanto vacua ostentazione delle
ricchezze e dei beni del rozzo Trimalcione. I due amanti riescono a liberarsi
dall’impegno, ma la rivalità fra Encolpio ed Ascilto si acuisce a tal punto che
Gitone viene sottratto all’antico amante. Encolpio, tormentato dal dolore,
entra in una pinacoteca ed incontra Eumolpo, un poeta squattrinato che si sostituirà
ad Ascilto nel ruolo del rivale. Dopo varie peripezie, il protagonista recupera
il suo Gitone, ma non riuscirà a liberarsi di Eumolpo, che costituirà quindi il
nuovo terzo incomodo nella coppia. I tre si imbarcano sulla nave di un
mercante, ma l’imbarcazione naufraga nei pressi di Crotone; a questo punto
Eumolpo finge di essere un anziano molto ricco, mentre Encolpio e Gitone i suoi
servi. La farsa dura per un po’, fino a quando i Crotoniati non scoprono la
verità; Eumolpo, allora, rende pubblico un testamento nel quale nomina erede
chi accetterà di mangiare il suo corpo senza vita. Ma qui la narrazione si
interrompe.
Il
Satyricon è, sostanzialmente, un
racconto di avventure, soprattutto erotiche, vissute da persone comuni. I
critici non hanno esitato a definire l’opera un romanzo, anche se anticamente
questo termine non era utilizzato ed al suo posto si ricorreva a parole come logos, fabula, argumentum, mithos.
Chiaramente l’intento di Petronio è quello di parodiare il romanzo erotico
greco e ciò lo vediamo dal tipico schema ricorrente che vede una coppia di
innamorati che devono affrontare molte peripezie prima di ricongiungersi.
L’amore, quindi, è visto come un fatto serio, in cui castità e morale giocano
un ruolo di primo piano. Petronio, nella sua parodia, rovescia naturalmente i
canoni: pudicizia e pudore non esistono, la morale è assente e la relazione
amorosa è di natura omosessuale. A ciò si aggiunga la ricerca di un intreccio
molto elaborato e l’estensione
dell’opera, elementi caratteristici del genere del romanzo moderno. E’ inoltre
palese l’influsso della fabula Milesia,
introdotta a Roma da Cornelio Sisenna e
consistente in brevi novelle condite da situazioni comiche e piccanti. Secondo
alcuni critici, poi, il Satyricon
avrebbe alcuni punti di contatto con la grande epica, sempre in chiave
parodistica: l’ira di Poseidone che perseguita Odisseo o quella di Giunone
verso Enea è sostituita da quella di Priapo nei confronti di Encolpio.
Stile e poetica. Ciò
che ci consegna Petronio è un unicum
nella storia, tutta, della letteratura latina; non esistono precedenti. Egli
racconta la realtà come se fosse un labirinto, densa di imprevisti, ingannevole
e dominata dalla corruzione del denaro e del sesso privo di morale. La
genialità dei Petronio sta nel guardarsi bene dal fornire giudizi critici sui
suoi personaggi, oppure dal porre regole etiche e comportamentali; egli si
diverte a raccontare, in modo disincantato, le varie vicende dell’opera,
lasciando al lettore la facoltà di formulare pareri. Per esprimere la
scabrosità dei contenuti, Petronio ricorre, dal punto di vista linguistico,
all’urbanitas, vale a dire alla
lingua delle persone istruite, non dimenticando, però, il ricorso alle numerosi
espressioni volgari: ciò si rende necessario per imitare il carattere dei
personaggi, quindi per farli parlare come tutti noi ci aspetteremmo.
Il
Satyricon, assai noto nell’antichità,
scompare letteralmente dalle scene per molti secoli - è facile intuirne il
motivo - . Viene riproposto attorno alla metà del XVII secolo, riscuotendo
molto successo anche durante il ‘700. L’età moderna ha, quindi, ridato lustro
all’opera, sicuramente mal conciliante con il clima rigido e bigotto dei secoli
bui e con la riscoperta della grande cultura classica proposta dal Rinascimento.
Non dimentichiamo, in chiusura, di menzionare il grande regista romagnolo, e
riminese, Federico Fellini che, nel 1969, ha prodotto un film liberamente
tratto dal Satyricon di
Petronio.
Ad maiora!
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