mercoledì 26 marzo 2025

La Repubblica insanguinata degli Anni di Piombo

di Fabio Pagani

Quante volte abbiamo sentito parlare degli “Anni di Piombo”? Nel mio caso, tante. Televisione, giornali, radio e cinema hanno spesso trattato questo argomento, che altro non è che una stagione della nostra vita, lontana nel tempo, ma ancora molto presente. E’ stata la regista tedesca Margareth Von Trotta, con il suo film “Anni di Piombo” (titolo originale: Die bleierne Zeit), uscito nel 1981, a coniare l’espressione. La pellicola narra la vicenda delle sorelle Ensslin, una delle quali, membra di un partito terroristico tedesco di estrema sinistra, viene trovata morta nella prigione di sicurezza di Stammheim nel 1977.


Stando all’Italia, parliamo degli anni ’70, anche se, per essere precisi, dovremmo indicare una forbice cronologica che va dal 1969 al 1980; undici anni nei quali il Paese è squarciato da stragi, omicidi, delitti e intimidazioni a sfondo politico estremista, sia di destra che di sinistra. Usciamo, come del resto tutto il mondo occidentale, dagli anni ’60 e dalle sue conquiste: il benessere economico e sociale sono una faccia della medaglia, mentre l’altra riporta il lato più oscuro del cambiamento.

La nascita di una moderna economia industriale, soprattutto nell'area tra Milano, Torino e Genova, spiazza una società modellata sui ritmi della produzione agricola. Inizia uno spopolamento dei piccoli centri a vantaggio delle grandi città, che in breve si trasforma in un'emigrazione di massa.

Così, alla fine del decennio, l'Italia è scossa da due ondate di radicale contestazione: la prima, nel 1968, animata dal Movimento Studentesco che chiede più giustizia sociale e meno autoritarismo; la seconda, nel 1969, innescata dalle rivendicazioni degli operai (il cosiddetto "autunno caldo"). Manifestazioni, scioperi, occupazioni di fabbriche sono all'ordine del giorno. Si avvia un conflitto sociale di vaste dimensioni e l'Italia sembra spostarsi a sinistra. Nascono aspettative rivoluzionarie in molti studenti e operai che avrebbero voluto superare il capitalismo. I governi e gli organi dello Stato diventano sempre più reazionari pur di fermare questo sommovimento sociale.

La protesta operaia negli anni '70


L'Italia fa parte dell'alleanza atlantica guidata dagli Stati Uniti ed è condizionata dalla “Guerra fredda”: l'anticomunismo, infatti, era stato la priorità strategica fin dal dopoguerra. Il Partito Comunista Italiano è il più forte di tutto l'Occidente e aveva contribuito alla sconfitta del Fascismo. Ma è legato all'URSS e per questo escluso dal governo nazionale.

Le prime proteste studentesche, le occupazioni universitarie, gli assalti nelle piazze e quel senso di profonda insofferenza verso l’ordine costituito sono le premesse alla deriva che, di lì a poco, si sarebbe tradotta in tragedia. 12 dicembre 1969: con la strage di piazza Fontana, a Milano, ordita dal movimento politico di estrema destra extraparlamentare “Ordine Nuovo” nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura, ha inizio la strategia della tensione che insanguinerà il Paese con attentati terroristici fino agli anni ’80. In particolare, questo primo evento causa 17 morti e 88 feriti ed è ritenuto da più parti come l’inizio del periodo degli “Anni di Piombo”. A quella di Milano si sarebbero succedute altre violenze: nel 1974 le stragi di piazza della Loggia, a Brescia, e del treno Italicus, che, nei pressi di Bologna, è oggetto di un attentato dinamitardo in cui muoiono 12 persone. Il 2 agosto 1980, infine, la strage della stazione di Bologna, macchiata da 85 morti e oltre 200 feriti. Queste prime quattro carneficine furono al tempo tutte rivendicate dall’estrema destra.

Non solo, purtroppo, il terrorismo nero, ma anche quello rosso macchia quegli anni. Esso è un tipo di eversione armata d'ispirazione comunista che porta molti ragazzi a sparare e uccidere, infatuati dalla folle idea di provocare un sollevamento delle masse oppresse. In una fase storica di maggior distensione nella “Guerra fredda”, DC e PCI (Democrazia Cristiana e Partito Comunista Italiano). cercano un accordo per superare la crisi democratica: si apre una nuova stagione politica. L'estrema sinistra non accetta questo tentativo di compromesso storico (ma c’è da chiedersi se soltanto le Brigate Rosse volessero ostacolare l’accordo…) e si generano decine di formazioni che impugnano le armi.

Il primo obiettivo diviene l'attacco "al cuore dello Stato". L'episodio più clamoroso è il sequestro, dal 16 marzo al 9 maggio 1978, del presidente della Dc Aldo Moro. ucciso dopo 55 giorni di prigionia. Persino l’appello del Papa, Paolo VI, rimane inascoltato: “Liberate Moro, semplicemente, senza condizioni” (Lettera alle BR del 21 aprile 1978).

Il corpo di Aldo Moro ritrovato nella Renault 5

L’evoluzione del fenomeno delle BR prende, poi, una direzione ben precisa: alcuni brigatisti iniziano a collaborare con le autorità e le BR vengono sconfitte da una repressione fortissima cominciata subito dopo l'uccisione di Moro. La Repubblica non crolla, ma il prezzo per uscire dagli anni di piombo fu altissimo.

Chiudiamo il nostro contributo citando una frase molto eloquente tratta dal libro “Puzzle. Serie completa”, scritto da Tommaso Labate e Filippo Rossi: “L’Italia degli anni '70 è come l’identikit di un serial killer che dobbiamo disegnare daccapo, pezzo dopo pezzo, è un puzzle che comporremo tassello dopo tassello, dove ciascun tassello si spiega solo alla luce del precedente ed è legato solo al successivo, mistero dopo mistero”.

 

Fonti a cui si è attinto nella redazione dell’articolo: www.focus.it; www.raistoria.it

 


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