Che cosa troviamo alle origini della nostra civiltà?
Quando le vie del commercio e degli affari si sono aperte al di là del
Mediterraneo? Il seme dell’Europa da chi è stato piantato?
Si tratta di domande a cui è molto facile dare una
risposta, almeno alle prime due. Potremmo parlare dei greci, di quando il
lavoro nell’Ellade non c’era per tutti ed allora in molti decisero di migrare
in Italia, fondando la Magna Grecia, trasferendo in quella che, secondo
l’etimologia, era la “terra dei vitelli” il sapere, l’arte e la scienza. E’
chiaro, tuttavia, che un impulso forte e decisivo nello sviluppo del territorio
italico e, naturalmente, di quello che bacia le acque dei nostri mari è stato
dato da Roma e dal suo espansionismo nel bacino del Mediterraneo ed oltre.
Partiremo,
nel nostro viaggio, parlando delle guerre puniche, per molti di noi lontano e
quasi invisibile ricordo di scuola, ma a nostro giudizio momento fondamentale
di questo percorso. Oggi affrontiamo la Prima.
La colonizzazione fenicia dell’Occidente è dettata,
secondo gli storici, in particolare Diodoro Siculo, dalla presenza di metalli
pregiati. Cosa c’entrano i fenici, pensate? Beh, i fenici sono i nonni dei
cartaginesi: infatti il termine “punico”, sinonimo di “cartaginese”, deriva da
“phoenix”, fenici appunto. Sono stati loro, tra l’altro, ad adottare per primi
la scrittura fonetica, fondamentale antenata della nostra.
Ma torniamo a noi. Pare che la presenza dei fenici nel
Mediterraneo risalga all’VIII secolo a.C. e ciò ha indotto a supporre l’esistenza
di una fase preliminare detta di “precolonizzazione”, dalla Grecia a
Pantelleria fino alla Sicilia.
Cartagine, “città nuova”, fondata da Elissa (Didone) conosce
per un breve periodo la monarchia, lasciando poi spazio all’oligarchia
mercantile; dal punto di vista militare la comunità punica si ispira a modelli ellenici,
introducendo formazioni di opliti (i mitici soldati dallo scudo circolare, in
greco “oplos”) e falangiti. La flotta, straordinaria ed imponente, dispone di
quadriremi e quinqueremi (nelle ricostruzioni sottostanti, navi con quattro e cinque file di rematori).
Com’erano stati, fino al III secolo, i rapporti con Roma?
Certamente ottimi. Ma è dalla Sicilia, zona strategica per il commercio
marittimo, che proviene il motivo dello scontro fra le due potenze. Per quale
causa specifica? La città di Messina, messa sotto assedio dai Mamertini, chiede
l’aiuto sia di Roma che di Cartagine; intervengono per primi i romani,
liberando la città dello Stretto ed armando l’ira dei cartaginesi, che si
sentivano, in un certo senso, titolari e dominatori della Sicilia. Lo scontro,
a questo punto, diviene inevitabile. Nel 260 a.C. i romani, guidati da Duilio,
sconfiggono i punici nelle acque di Milazzo e nel 257 i consoli Manlio e
Regolo, alla testa di 230 navi, affrontano e sconfiggono i 250 vascelli nemici
guidati da Amilcare a Capo Ecnomo, a sud della Sicilia. La strada per l’Africa
sembra spianata, ma la presunzione dei romani porta ad una ripresa, seppur
parziale, della resistenza nemica. Anche la Sicilia rischia di sfuggire di mano
ai soldati di Roma, per merito (o causa) di Amilcare Barca, il padre del più
celebre Annibale, molto abile ad occupare Palermo e Trapani. Per oltre sei
lunghi anni i romani sono costretti a sopportare vere e proprie umiliazioni
militari via terra, prima di capire che le sorti del conflitto devono essere
risolte per mare. Il governo promette ai cittadini con reddito grandi
ricompense in denaro se avessero partecipato “volontariamente” al conflitto;
con ulteriori 200 navi la flotta romana sorprende i cartaginesi presso le isole
Egadi e li sconfigge. Finisce così la Prima Guerra Punica (264-241 a.C.), che
sancisce, almeno temporaneamente, il controllo romano sul Mediterraneo. E’
ancora presto, però, per pensare alla colonizzazione del nord Africa: sta per
spuntare all’orizzonte, minacciosa e maestosa, l’ingombrante ombra di Annibale…
Ad maiora!
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