lunedì 6 gennaio 2025

UNA CARRIERA, TANTI VOLTI: LUCA CARBONI SI RACCONTA NELLA SUA BOLOGNA

 di Fabio Pagani

Noi, noi ladri di mille lire / Cercando il modo per non morire… Ogni tanto parliamo d’amore. Questo bellissimo estratto della canzone “Ci stiamo sbagliando” di Luca Carboni dà un senso al suono quasi onomatopeico “Rio Ari O” (40 anni tra musica e arte), che intitola la mostra del cantautore bolognese in corso al Museo della Musica di Bologna (Strada Maggiore, 34).

Un Carboni per certi versi inedito, almeno per noi che ne abbiamo apprezzato la musica: oltre cinquanta, infatti, sono le tele esposte, che condensano musica e pittura, perfetta sintesi di chi ha un animo tormentato e sensibile. Dal 1984, anno in cui esce il primo album di Carboni (“E intanto Dustin Hoffman non sbaglia un film”), nasce anche la passione per la pennellata, come se l’ispirazione musicale fosse il prodotto, o il fattore, giriamola come più ci piace, per generare Arte. 

Carboni nella foto di Nino Saetti

“Con la pubblicazione del mio disco d’esordio – scrive Carboni – mi sono reso conto dell’importanza e dell’attenzione che dovevo mettere sull’immagine della copertina: la scelta delle foto, i colori, il lettering. Fino a quel momento avevo pensato solo alla musica o alle canzoni. Di colpo mi rendevo conto che era fondamentale anche il linguaggio visivo da mettere in campo per comunicare, scoprivo che potevo e dovevo gestirlo io in prima persona se volevo che venisse fuori la mia essenza. Nei primi tempi disegnavo ispirato dalle canzoni che scrivevo, poi ho capito che la pittura era un altro viaggio”. 

I dipinti d’esordio del cantautore ricordano lo stile punk e post punk degli anni ’80, quando Luca mescola la sua creatività con la pubblicità di quelli che sono i simboli di un decennio da ricordare: CP Company e Stone Island, ad esempio, le linee di abbigliamento create proprio a Bologna da Massimo Osti, che scelse come testimonial Carboni e Lucio Dalla.

Visitando la mostra, veniamo colpiti dalla prima sala nella quale è esposta una moto Ducati (Ho comprato anche la moto / usata, ma tenuta bene – da “Mare, mare” del 1992) addobbata di oggetti che raccontano la vita del cantautore: la maglia del Bologna F.C. con il numero 40, in omaggio alla carriera di Carboni, gli scarpini da calcio (La maglia del Bologna sette giorni su sette, da “Silvia lo sai” del 1987), giubbotti di pelle e foto, tantissime foto. Proseguiamo ed entriamo nelle stanze dei dipinti, tutti realizzati in acrilico: il percorso è organizzato, come scrive il curatore della mostra, Luca Beatrice, “in capitoli pensati e ripensati dallo stesso artista, cominciando dalle bandiere, per certi versi il suo ciclo più sperimentale”. Bandiere di ogni tipo, da quelle politiche (Poi diventammo troppo comunisti, da “Inno nazionale” del 1995), alle altre che ricordano la sua amata Bologna (E che Bologna è una regola / Che hai provato a spiegarmi tu / Non lo dimentico più, da “Bologna è una regola” del 2015). 

  

Ancora le cattedrali, simbolo religioso e di architettura, che Carboni arriva a realizzare con “una forma molto stilizzata per avere un corpo architettonico, tridimensionale e simbolico allo stesso tempo. Faccio convivere elementi della religione cristiana con la luna e le stelle, tipici dell’Islam”. Terminiamo con le ragazze, soggetto che ha da sempre accompagnato la vita del cantautore (Loro non le riesci mai a capire / loro le puoi solo amare, da “Le ragazze” del 1998).


   

Il Luca Carboni poliedrico e sorprendente che abbiamo apprezzato in questa mostra, noi che lo conoscevamo soltanto musicalmente, ha lasciato il segno: la pittura è quel tipo di arte che consente, a chi la pratica, di osservare gli altri da un posto privilegiato, quel “cantuccio”, o angolino, di manzoniana memoria in grado di rendere l’artista speciale e diverso. Il grande affetto del suo pubblico ha riavvicinato il cantautore alla gente, dopo il periodo difficile legato ai problemi di salute che l’hanno colpito; anche la canzone a due voci con il collega Cesare Cremonini, “San Luca”, ha prodotto un effetto vortice fra i fan, tant’è che il noto pellegrinaggio in cima al santuario è meta sempre più condivisa e apprezzata. Il potere della musica, proprio così!

Appunti del testo "Colori" (1997)

L’esposizione “Rio Ari O” (40 anni tra musica e arte) è visitabile al Museo della Musica, in Strada Maggiore 34, a Bologna, fino al 9 febbraio prossimo: fateci più di un pensiero, la merita (cliccate qui per maggiori informazioni: https://tinyurl.com/3erpfr82). 


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