mercoledì 15 ottobre 2025

Una serata per Vincenzo Monti: il lato comico del poeta nell'anniversario della morte

 di Fabio Pagani

Lunedì 13 ottobre, la città di Alfonsine ha omaggiato la memoria del suo figlio più illustre, il poeta Vincenzo Monti. Nell’affascinante collocazione di Casa Monti, il Comitato Montiano ha organizzato un evento che ha voluto far conoscere al pubblico presente il lato meno noto del letterato: il presidente, prof. Luca Frassineti, fra i massimi esperti in Italia di ‘700 e ‘800, ha infatti sottolineato la vena comica ed eroicomica del Monti, introducendo le letture dei testi, declamati da Giulia Torelli, apprezzata regista teatrale. Prima di tutto, una doverosa premessa: la serata è stata dedicata al prof. Arnaldo Bruni, presidente onorario del Comitato Montiano, scomparso pochi giorni fa.

Il primo frammento è quello di una lettera del luglio 1774, indirizzata da Monti all’amico di studi Ercole II Calcagnini; in quel periodo, il poeta – non ancora tale – aveva 20 anni e si trovava a Ferrara per gli studi universitari in Medicina (a lui, in realtà, imposti dal padre). I toni ed i contenuti della missiva sono volutamente ironici e di spiccato gusto cameratesco, il ché sta a testimoniare chiaramente il rapporto di stretta amicizia fra i due interlocutori; eccone uno stralcio: Olà, corpo di mia Nonna: a che gioco giochiamo? Io son vivo, e però non sono morto. Se voi siate tale, v’è molto da dubitare, ed io non vorrei che foste già convertito in qualche costellazione. Fate i miei complimenti all’Orsa Maggiore, e pregatela a favorirmi una cassa del suo freddo, che ne ho bisogno in questo caldo maledetto.

Il secondo testo è una canzonetta dal titolo Per un grave incommodo emorroidale (novembre 1779), di cui il Monti soffriva cronicamente; qui emerge l’attenzione sull’argomento canonico della malattia, solitamente trattata riguardo agli altri, ma in questo caso resa propria. I modelli di questa “canzonetta sopra il culo” fanno riferimento alla preziosa elegia X, libro III, di Tibullo (poeta latino del I secolo a.C.). Nei versi montiani, vi è il voluto slittamento dal registro elegiaco a quello epico, con la chiara intenzione di prendere in giro il genere alto della poesia: La bell’arte dei poeti / mente chiede ognor serena; / ma i pensier ridenti e lieti / fuggon via se il culo è in pena.

Il terzo ed ultimo contributo concerne la versione in ottava rima della Pucelle d’Orléans di Voltaire (traduzione del 1798-99): i passi scelti sono incentrati sull’attentato alla castità della protagonista, Giovanna d’Arco: Stende la grassa man verso l’amante / senza pensarvi, e tosto la ritira / rossa in volto, pentita e palpitante, / e poi si rassicura e poi sospira. / Poi dice alfin: - Bell’asino galante, / vana è la speme che pel cor vi gira; / è una chimera: pregovi d’avere / rispetto alla mia gloria, e al mio dovere.

A fine serata, molti dei presenti si sono meravigliati di questa versione del Monti, assai poco nota: da sempre, infatti, la fama del poeta è legata alla somma traduzione dell’Iliade, alle tragedie, alle poesie e non certamente - almeno per noi profani - a questo lato letterario che lo rende, senza dubbio, più terreno, ma non in modo banale.

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