mercoledì 5 novembre 2025

"La strada" verso la verità nel romanzo di Mc Carthy

 di Fabio Pagani

La strada è un romanzo che tutti dovrebbero leggere; è la storia di un padre e di un figlio, sopravvissuti alla distruzione di un mondo nel quale umanità e solidarietà sono sentimenti scomparsi.

Confortati da un carrello, sul quale caricano le loro uniche speranze di sopravvivenza, i due protagonisti cercano di percorrere centinaia di km per raggiungere la costa della California, con l’auspicio di trovare un clima ed un ambiente migliori. Cormac McCarthy, l’autore del romanzo, immagina che l’umanità si sia quasi del tutto estinta e che, fra le poche persone rimaste vive, sia arduo trovarne di buone; nelle parole e nei gesti del bambino ritroviamo non solo quel disperato desiderio di rimanere aggrappato alla vita (spesso, lungo la storia, il piccolo chiede a suo padre quanto sia vicina la morte per entrambi), ma anche la scintilla, la fiamma, il fuoco – appunto – che alimenta le speranze dell’uomo, che protegge e, nello stesso tempo, dà al proprio figlio gli strumenti per poter sopravvivere anche senza di lui.

È questo, a nostro modo di vedere, il passaggio chiave di un libro scritto in modo incalzante, con frasi brevi ed incisive: nel legame indissolubile fra un padre ed un figlio si trova il senso della vita, della trasmissione di valori che restano; l’uomo, sempre più devastato dalla malattia e dalla fame, rincuora il giovane, lo difende e lo accudisce lasciandogli l’arma più importante (che non è la pistola con la quale l’adulto va in giro): la speranza. “Quella notte il bambino dormì vicino al padre e lo tenne abbracciato, ma quando al mattino si svegliò il padre era freddo e rigido. […] Pianse per un bel pezzo. “Ti parlerò tutti i giorni”, sussurrò, “e non mi dimenticherò. Per niente al mondo. Poi si alzò, si voltò e tornò verso la strada”.

Alla fine della storia, quando il padre è morto, il giovane proseguirà il proprio cammino con un uomo, un reduce, uno dei pochi rimasti in vita, ed una donna: “Ogni tanto la donna gli parlava di Dio, ma la cosa migliore era parlare con il padre e infatti ci parlava e non lo dimenticava mai. La donna diceva che andava bene così. Diceva che il respiro di Dio è sempre il respiro di Dio, anche se passa da un uomo all’altro in eterno”.

Il bambino è il vero portatore del “fuoco”, della luce e della compassione umana, trasmessagli da un padre latore di valori etici e morali, ma costretto a fare i conti con la dura realtà della guerra e della distruzione. Il bambino questo lo sa e riconosce al suo salvatore l’umano sentimento della paura, che spinge l’adulto, in più occasioni, a pensare solo alla salvezza del proprio figlio.

Cormac Mc Carthy (1933-2023)

L’amore incondizionato del padre verso il figlio contrasta molto con il contesto drammatico in cui è ambientata la storia: durante il loro viaggio, i due incontreranno Ely, l’unico personaggio a cui McCarthy dà un nome: una sorta di vecchio profeta, forse Elia, che mette a nudo la differenza sostanziale fra padre e figlio: il primo pensa alla sopravvivenza del bambino, a cui lo lega un amore assoluto, il secondo pare sempre connotato da sentimenti di pietà e compassione. Chiudiamo con una riflessione religiosa: “Sapeva [il padre] che il bambino era la sua garanzia. Disse: se non è lui il verbo di Dio, allora Dio non ha mai parlato”. Ecco, la lezione – forse – più importante del romanzo è legata all’amore: che esista o meno Dio, che si possa avere fede oppure no, l’unica cosa che conta sono i valori e l’impegno che dobbiamo mettere per perseguirli, conservarli e tramandarli, come un buon genitore deve fare con i propri figli.

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