di Fabio Pagani
Tutti sono a
conoscenza delle “vicissitudini critiche” di Vincenzo Monti, vissuto in un
periodo storico travagliato e segnato da eventi politici profondi, quali la
Rivoluzione francese, la Repubblica Cispadana, l’avvento di Napoleone e la
Restaurazione messa in atto dalla Santa Alleanza dopo il Congresso di Vienna.
L’uomo Monti – secondo quanto si legge in molte storie della letteratura – si
piegò a tutti gli avvenimenti divenendone di volta in volta il cantore
ufficiale. Da iperboliche esaltazioni si passa a condanne assolute e profondo
disprezzo, forse perché nel giudizio delle sue opere si fonde, quando non è
dominante, quello della sua vita. Chi lo definisce poeta grande, chi lo dice
arcade vuoto e perduto (vale a dire sordo, arido e superfluo rimatore di suoni
inesistenti), chi lo celebra come Pater Patriae (Padre della Patria), chi,
infine, lo qualifica come strimpellatore. Vediamo, in sintesi, alcuni dei
giudizi più celebri sul poeta alfonsinese.
Ai nostri lettori, il diritto di formulare un'opinione libera e disinteressata.
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Vincenzo Monti (ritratto di A. Appiani) |
Foscolo
Ugo Foscolo ottenne
l’incarico (1800) di redigere le relazioni dell’Assemblea legislativa sul “Monitore
Italiano”, soppresso dopo pochi mesi. S’invaghì senza fortuna di Teresa Pikler,
moglie di Vincenzo Monti, e fu spinto persino ad un tentativo di
suicidio.
Partì per Bologna, forse
anche per sfuggire a quel ricordo, dove trovò impiego in tribunale, collaborò
al "Monitore Bolognese" e al "Genio Democratico", pubblicò un’opera di ampio
respiro: Ultime lettere di Jacopo Ortis.
Lo scontro con il Monti
avvenne per un malinteso, essendo stata erroneamente attribuita al Foscolo la
stroncatura di un poemetto didascalico di un poeta amico del Monti. Da lì
iniziarono battute a colpi di poemetti, satire, epigrammi. Eccone uno molto
tagliente del Foscolo:
Discenderemo entrambi nel sepolcro, voi
più lodato certamente, io forse più compianto; il vostro epitaffio sarà un
elogio; sul mio si leggerà che, nato e cresciuto fra tristi passioni, ho
serbato la mia penna vergine di menzogne.
E ancora il buon Ugo:
Questi
è Monti poeta e cavaliero,
gran traduttor dei traduttor d’Omero.
Il Foscolo scrisse
l’epigramma contro Vincenzo Monti, che nel 1810 pubblicò la traduzione
dell’Iliade (mentre il vecchio amico non era riuscito nell'impresa...), condotta in gran parte di seconda mano, utilizzando versioni
latine ed italiane.
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L'Iliade di Monti (1810) |
Il Monti si rifece,
mettendo in ridicolo la tragedia Aiace del
Foscolo, rappresentata con scarso successo a Milano l’anno dopo.
Per
porre in scena il furibondo Aiace
il fiero Atride e l’Itaco fallace
gran fatica Ugo Foscolo non fè:
copiò se stesso e si divise in tre.
Il Monti ancora
Questi è rosso di pel Foscolo detto:
sì falso che falsò fino se stesso,
quando in Ugo cangiò Ser Nicoletto.
Guarda la borsa se ti vien d'appresso!
Leopardi
… Ma tutto
quello che spetta all’anima, al fuoco, all’affetto, all’impeto vero e profondo,
sia sublime, sia massimamente tenero, gli manca affatto. Egli è un poeta
veramente dell’orecchio, del cuore in nessun modo (Giacomo Leopardi).
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Giacomo Leopardi |
De Sanctis
… La natura
gli aveva largito le più alte qualità dell’artista: forza, grazia, affetto,
armonia, facilità e brio di produzione. Aggiungi la più consumata abilità
tecnica, un’assoluta padronanza della lingua e dell’elocuzione poetica. Ma
erano forze vuote, macchine potenti prive d’impulso. Mancava la serietà di un
contenuto profondamente meditato e sentito, mancava il carattere, che è
l’impulso morale. Pure i suoi lavori, soprattutto l’Iliade (N.B. la traduzione
del poema omerico da parte del Monti è, ancora oggi, considerata la versione
migliore. E pensate che Monti non conosceva il greco! Forse anche per questo,
Foscolo la definì “bella e infedele”), saranno sempre utili a studiarvi i
misteri dell’arte e le finezze della elocuzione (Francesco De Sanctis).
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Francesco De Sanctis |
Carducci
… Il Monti
fu un ingegno più vario che non il Metastasio, più pronto e ricco che non il
Parini, più facile e vivo che l’Alfieri; seppe rinnovare quel che di usuale e
di utile restava nelle consuetudini dell’arte italiana; seppe attingere con
discernimento e con gusto alle letterature straniere (…) Fu in somma il maggior
poeta ecletticamente artistico che l’Italia da gran tempo avesse avuto
(Giosuè
Carducci, vincitore del Nobel per la Letteratura nel 1906).
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Giosuè Carducci |
Mazzini
Beata la
nazione che al cader di un suo figlio degno dell’immortalità, può proferire il
detto dello Spartano: Io ho molti figli grandi com’egli fu. Beata la nazione
che onora gli illustri perduti con l’educare altri illustri sulle loro tombe (Giuseppe Mazzini).
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Giuseppe Mazzini |
Il Monti,
però, non ebbe una tomba e le sue ceneri andarono disperse. Concludiamo non dimenticando la famosa quartina che Manzoni scrisse dopo la morte del Poeta:
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Alessandro Manzoni (F. Hayez) |
Salve, o divino, a cui
largì natura
Il cor di Dante e del
suo duca il canto!
Questo fia il grido dell’età
futura;
Ma l’età che fu tua te
‘l dice in pianto.