martedì 21 settembre 2021

Vivi nella parola… In pillole

 Cari amici,

oggi parliamo di un altro autore, non un poeta, ma uno scrittore: Renato Serra. Come mai, forse vi chiederete, allora compare nell’antologia? Il motivo è presto detto: Serra evoca benissimo il dolore e lo smarrimento di fronte alla morte, una morte che deriva dalla tragedia della guerra, la Grande Guerra, a cui egli partecipa. Inoltre, diversi lirici dell’area cesenate, contenuti in “Vivi nella parola”, trattano criticamente la produzione del Serra e, quindi, riteniamo utile parlarne.

Renato Serra nasce a Cesena nel 1884 e muore sul monte Podgora, in Friuli, il 21 luglio 1915. Di famiglia benestante, si laurea in Lettere presso l’Università di Bologna e ha nel Carducci il proprio modello culturale di riferimento. Aderisce alle idee socialiste del tempo e, nonostante la vita lo porti ad entrare all’accademia militare e a frequentare gli ambienti fiorentini e romani, mantiene sempre forte il legame con la sua terra, la Romagna, di cui ama approfondire anche gli autori minori. Serra, molto sensibile al tema della guerra ed alla necessità di mistificarne il mito – evidente, qui, il contrasto con D’Annunzio -, rifiuta l’idea per cui il conflitto bellico sia necessario, spogliandolo di ogni abito morale ed etico.

Lo scrittore cesenate, decidendo di prendere parte alla Grande Guerra, assume una posizione decisamente netta, declinandola attraverso il ruolo della letteratura: quest’ultima, infatti, non è capace di esprimere il senso di smarrimento dei giovani di fronte al dramma delle bombe, non sa trovare nelle trincee un minimo motivo di giustificazione, non può celebrare ciò che conduce milioni di uomini, giovani soprattutto, a morte certa.

Ne Esame di coscienza di un letterato, scritto dal nostro nell’aprile 1915, Serra dipinge il sacrificio della morte con colori grigi, freddi, in antitesi alle gloriose celebrazioni che i letterati e gli intellettuali producono:

[…] la guerra non cambia niente. Non migliora, non redime, non cancella; per sé sola. Non fa miracoli. Non paga i debiti, non lava i peccati. In questo mondo, che non conosce più la grazia. […]

[…] Vorremmo che quelli che hanno faticato, sofferto, resistito per una causa che è sempre santa, quando fa soffrire, uscissero dalla prova come quasi da un lavacro: più puri, tutti. E quelli che muoiono, almeno quelli, che fossero ingranditi, santificati; senza macchia e senza colpa. E poi no. Né il sacrificio né la morte aggiungono nulla a una vita, a un’opera, a un’eredità. Il lavoro che uno ha compiuto resta quello che era. […]

 

Ad maiora!

Nel nostro caso, appuntamento a mercoledì 29 settembre, ore 21.00, presso il Cinema Gulliver di Alfonsine, per la presentazione del libro.

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