Latinorum = latino (propriamente dei latini)
Si tratta del celebre strafalcione con cui Renzo
risponde a don Abbondio che, non sapendo come giustificare la sua
indisponibilità e paura a sposare i due giovani, cita delle formule canoniche
per spiegare gli impedimenta e i dirimenta per colpa dei quali non è
possibile celebrare il matrimonio. Renzo allora esplode manifestando la sua
rabbia con questa frase:” Che vuol ch’io sappia del suo latinorum?” convinto di usare un’espressione corretta; in realtà
usa quella desinenza che più colpisce i non latinizzati, per la sua diversità
dalle abituali desinenze italiane.
Ne discere cessa = Non smettere mai di imparare (Catone)
Questa massima del famoso scrittore latino (famoso
anche per la sua volontà di distruggere Cartagine) sta ad indicare che anche le
persone avanti negli anni devono continuare ad imparare. La moderna
gerontologia ha confermato la validità di questa esortazione, osservando che lo
stimolo intellettuale aiuta a conservare la mente giovane.
Funere mersit acerbo = Morì di morte immatura (Virgilio,
Eneide)
Nel VI° libro del poema virgiliano, Enea compie un
viaggio nell’oltretomba e vede le anime dei bambini confinate nell’Antinferno
poiché, non avendo compiuto tutto il ciclo della loro esistenza, non possono
trovare una collocazione definitiva all’interno dell’Ade (oltretomba pagano).
Questa idea sarà ripresa da Dante che porrà le anime dei bimbi nel Limbo.
L’espressione inoltre venne posta da Giosuè Carducci come titolo ad un sonetto
scritto per la morte prematura del figlioletto Dante.
Ad maiora!
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