Cosa sta rappresentando, per noi,
questo periodo storico? È veramente, o sarà, un fatto di cui non potremo mai
avere oblio? Mi piace pensare alle parole del prof. Alessandro Barbero, il
quale sostiene che il Covid – 19 non sarà, per forza di cose, un evento che ci
cambierà. Ciò dipenderà da numerosi fattori: economia, sanità, stili di vita.
La storia dell’uomo ci insegna che non tutte le pandemie hanno nociuto nei
decenni a seguire: la temibile spagnola, che ha mietuto 50 milioni di morti,
proprio un secolo fa, non ha lasciato particolari evidenze nelle generazioni
successive e occupa, oggi, poco più di un capitolo sui libri di storia; questo
è spiegabile, forse, con quello che sarebbe accaduto poi nel mondo, vale a dire
la nascita dei totalitarismi e lo scoppio della seconda guerra mondiale. Dalla
peste nera del ‘300, quella, per intenderci, portata in Europa dai topi, anche
se ha decimato la popolazione europea, non sono sorte gravi ripercussioni
sociali, anzi, da lì in avanti abbiamo avuto Boccaccio, Raffaello, Leonardo,
Michelangelo, il Rinascimento, l’invenzione della stampa, e mi fermo. Ben
diverso fu il caso della pestilenza che subirono gli uomini del tempo di Marco
Aurelio, imperatore romano del secondo secolo dopo Cristo: essa svuotò
letteralmente l’Impero di gente, esponendolo ad invasioni, saccheggi e
distruzioni che avrebbero fatto da anticamera alle successive scorribande
barbariche e, quindi, al crollo di Roma.
Sicuramente oggi non siamo sereni
e temiamo non solo per la nostra salute, ma anche per le inevitabili
ripercussioni socio-economiche che ci cadranno addosso: l’Europa e la sua
struttura politica devono dare un segnale che, molto probabilmente, non ci sarà.
Io non penso che il Coronavirus ci cambierà, né in meglio, né in peggio: saremo
sempre gli stessi, salvo un primo periodo di redenzione e di buoni propositi.
La storia ed il suo studio devono insegnarci proprio questo, vale a dire che l’uomo
è capace di grandi azioni che spesso, però, restano isolate. Non sempre,
evidentemente e per fortuna, ma sovente.
D’altronde, se ancora oggi ci
interroghiamo sul senso delle parole di Giacomo Leopardi che, ne “La ginestra”,
scritta quando a Napoli, dove viveva il poeta, divampava il colera, vogliono l’umanità
intera unita in una “social catena” che divelga e spezzi gli egoismi, le
solitudini e le cattiverie umane, forse un motivo c’è. Noi, in questo momento,
dobbiamo comportarci come la ginestra, fiore che resiste, è solidale e continua
a vivere con ostinazione, determinazione e coraggio.
Ad maiora!
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