giovedì 27 febbraio 2020

QUANTO CONTA LA CULTURA?


Cari amici,
oggi ci troviamo di fronte ad una massiccia emergenza culturale: mancano, infatti, i fondi per donare a più persone possibili un granello di sale utile a far funzionare il cervello. Siamo al delirio, al nichilismo più completo. Riflettendo su tutto ciò, ho evinto che sia proprio la cultura a mancare, che viviamo nella società degli arroganti, dei potenti, dei tronisti, delle pupe e dei secchioni: tutti belli, forti, pomposi. Alla prima difficoltà, però, si sgonfiano. Se ci fosse una guerra – vera, intendo – costoro sarebbero i primi a cadere non valorosamente sul campo.
Ma perché la cultura spaventa tanto? Forse la risposta è nel fatto che in pochi conoscano l’etimologia del termine. “Cultura” deriva dal latino (Sic!), vale a dire da un verbo che significa “coltivare”. Pensiamo, ad esempio, all'agricoltore, ovvero colui che coltiva la terra, ma anche all'aggettivo “colto”, aspetto proprio di qualcuno che sia in possesso di esperienze e conoscenze varie.
Noi crediamo che il segreto della rinascita sia tutto qui. Non commettiamo l’errore di confondere la cultura con la pedanteria, con l’erudizione (cioè l’arida e sistematica conoscenza di tutto), con l’accademia. Viaggiare, incontrare persone, comprenderne la storia, interrogarsi, ascoltare gente saggia: questo è cultura. Evitare i luoghi comuni, diffidare dalle dicerie, saper ascoltare, prima se stessi e poi gli altri, difende dall'ignoranza.



Molte delle persone che svaligiano i supermercati, che saccheggiano le farmacie di disinfettanti e mascherine, che si barricano in casa convinte di essere finite nella Milano appestata di manzoniana memoria (ah, no, citazione troppo colta per loro) dovrebbero ascoltare di meno l’oracolo Mariano e D’Ursiano e provare, almeno un poco, a capire che, per salvarsi, nei limiti delle nostre possibilità, l’unica àncora di salvezza è – ebbene sì, proprio lei, certamente quella – la cultura.

Ad maiora!

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