Cari amici,
oggi ci troviamo di fronte ad una massiccia emergenza
culturale: mancano, infatti, i fondi per donare a più persone possibili un
granello di sale utile a far funzionare il cervello. Siamo al delirio, al
nichilismo più completo. Riflettendo su tutto ciò, ho evinto che sia proprio la
cultura a mancare, che viviamo nella società degli arroganti, dei potenti, dei
tronisti, delle pupe e dei secchioni: tutti belli, forti, pomposi. Alla prima
difficoltà, però, si sgonfiano. Se ci fosse una guerra – vera, intendo –
costoro sarebbero i primi a cadere non valorosamente sul campo.
Ma perché la cultura spaventa tanto? Forse la risposta è nel
fatto che in pochi conoscano l’etimologia del termine. “Cultura” deriva dal
latino (Sic!), vale a dire da un verbo che significa “coltivare”. Pensiamo, ad
esempio, all'agricoltore, ovvero colui che coltiva la terra, ma anche
all'aggettivo “colto”, aspetto proprio di qualcuno che sia in possesso di
esperienze e conoscenze varie.
Noi crediamo che il segreto della rinascita sia tutto qui.
Non commettiamo l’errore di confondere la cultura con la pedanteria, con
l’erudizione (cioè l’arida e sistematica conoscenza di tutto), con l’accademia.
Viaggiare, incontrare persone, comprenderne la storia, interrogarsi, ascoltare
gente saggia: questo è cultura. Evitare i luoghi comuni, diffidare dalle
dicerie, saper ascoltare, prima se stessi e poi gli altri, difende
dall'ignoranza.
Molte delle persone che svaligiano i supermercati, che
saccheggiano le farmacie di disinfettanti e mascherine, che si barricano in
casa convinte di essere finite nella Milano appestata di manzoniana memoria
(ah, no, citazione troppo colta per loro) dovrebbero ascoltare di meno
l’oracolo Mariano e D’Ursiano e provare, almeno un poco, a capire che, per
salvarsi, nei limiti delle nostre possibilità, l’unica àncora di salvezza è –
ebbene sì, proprio lei, certamente quella – la cultura.
Ad maiora!
Nessun commento:
Posta un commento