Dì un po’: com’è che tu misuri il cosmo e i limiti
della terra,
tu che porti un piccolo corpo formato da poca
terra?
Misura prima te stesso e conosci te stesso,
e poi calcolerai l’infinita estensione della
terra.
Se non riesci a calcolare il poco fango del tuo
corpo,
come puoi conoscere la misura
dell’incommensurabile?
(Pallada – Antologia
Palatina, XI, 34)
I versi epigrammatici che abbiamo appena letto possono indurre in noi una
breve riflessione: capita spesso, infatti, che tentiamo di spiegare il perché
delle cose, arrovellandoci in pensieri e, conseguentemente, problemi più grandi
di noi.
Il mondo greco sa cogliere con estrema lucidità i difetti della psiche che,
non a caso, può avere un duplice significato: “anima” e “mente”. Conoscere se
stessi, massima che Pallada mutua da Socrate, è l’impresa più alta a cui siamo
chiamati, una vera missione morale. Il cervello comanda le emozioni, per
alcuni, ma non per altri: l’istinto si impone sull’intelletto, producendo
risultati imprevedibili.
Dum loquimur, fugerit invida aetas (Mentre parliamo, il tempo invidioso se ne sarà
già andato), scrive Orazio: non perdiamo tempo in questioni complesse, la vita
è breve e complicarla non serve. Dobbiamo spingerci oltre il muro del Super – Io,
di quel massimo controllore delle nostre menti, di quel censore di emozioni e
di libertà, che ci opprime e ci inchioda al palo. Non è facile, naturalmente:
la notte, il buio, il silenzio sono i compagni più temibili con cui abbiamo
quotidianamente a che fare; ci mostrano nitidamente i dubbi, le angosce, i
tormenti delle scelte, del cambiamento, del domani.
Una soluzione al male della Ragione, però, c’è e si chiama “metron”, vale a
dire “misura” o, se preferite, “equilibrio”. Misura prima te stesso e conosci te stesso, e poi calcolerai l’infinita
estensione della terra.
Ad maiora!
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